A proposito del Distretto del cibo della Valle d’Itria
Ci siamo occupati qualche mese fa della decisione della Giunta Regionale pugliese di avviare il percorso di costituzione dei primi sette Distretti del cibo di questa regione.
A quanto pare, sta per aggiungersene un altro: il Distretto del cibo della Valle d’Itria.
E’ una buona notizia in sé.
Non è un biodistretto, che in ambito di sostenibilità delle produzioni agroalimentari resta la strada maestra sotto il profilo della completezza e della nettezza dell’approccio sostenibile.
Ma quando si costituisce un ente che ha come obiettivo “lo sviluppo territoriale, la coesione e l’inclusione sociale, favorire l’integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale, garantire la sicurezza alimentare, diminuire l’impatto ambientale delle produzioni, ridurre lo spreco alimentare e salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso le attività agricole e agroalimentari”, come sancisce la norma istitutiva dei Distretti del cibo su base nazionale, si fa comunque un passo avanti sulla via di un sistema agroalimentare ambientalmente più virtuoso.
Un passo in avanti che potrebbe anche avere qualcosa a che fare con un’idea altra di gestione di un territorio e di sistema produttivo: una gestione e un sistema che mirino invece che alla mera estrazione di profitti, più o meno predatoria, alla creazione di valore, economico, ecologico e culturale.
Forse si sta volando troppo alto. O forse no.
Come che sia, il Distretto del cibo della Valle d’Itria, come tutti gli esperimenti socio-economici di questo tipo, merita di essere seguito con attenzione.
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