Abrogata la l. 283\1962 sulla sicurezza alimentare – In morte (e resurrezione?) di una legge utile


Il vecchio governo approfitta di un regolamento UE per cancellare, con un colpo di mano, la legge fondamentale in materia di tutela penale della sicurezza alimentare

La legge fondamentale della tutela penale della sicurezza alimentare, la n. 283 del 1962, non è più tra noi. E’ stata abrogata.

Non è stata proprio soffocata nella culla, avendo, la nostra, quasi sessant’anni.

Ma non è morta neanche di morte naturale; giacché, ad onta di quella veneranda età, manteneva una notevole vitalità, avendo avuto la capacità di attraversare i decenni e adattarsi a concezioni e principi di sicurezza alimentare assai distanti tra loro. 

Tanto che, ancor fino a ieri, era la più utilizzata e rilevante legge a tutela del nostro “ordine alimentare1, come ha più volte affermato la Corte di Cassazione. Un ordine alimentare che era sancito anzitutto all’interno di quello stesso testo legislativo.

Insomma, era una legge utile.

E’ stata abrogata inopinatamente (per usare un primo eufemismo), pochi giorni fa, da un decreto legislativo, un atto del governo adottato di concerto con le regioni.

Indice

  1. L’occasione: il Regolamento UE da applicare

  2. La legge di delega e la scelta di sole sanzioni amministrative

  3. Il decreto legislativo: tra eccesso di delega e creazione di un vuoto di tutela

  4. La stroncatura del Massimario della Cassazione

  5. Call to action alla cittadinanza attiva e costituzionalmente orientata

1) L’occasione: il regolamento UE da applicare

Ma andiamo con ordine, in forma sintetica.

Tutto nasce con un regolamento dell’Unione Europea, il n. 625 del 2017, con il quale il legislatore unionale pone mano a un complessivo “riordino dei controlli ufficiali e delle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari”.

In uno dei “considerando” (sorta di principi ispiratori e obiettivi perseguiti dalla normativa in questione) del regolamento, il numero 90, si legge che “le infrazioni delle norme contenute nella legislazione dell’Unione in materia di filiera agroalimentare e nel presente regolamento dovrebbero essere punite con sanzioni a livello nazionale effettive, dissuasive e proporzionate in tutta l’Unione, la cui severità tenga conto tra l’altro dei potenziali danni alla salute umana che possono derivare dalle infrazioni, anche nei casi in cui gli operatori non cooperino durante un controllo ufficiale e nei casi in cui siano prodotti o utilizzati certificati o attestati ufficiali falsi o ingannevoli. Affinché le sanzioni pecuniarie applicabili a infrazioni alla normativa commesse mediante pratiche fraudolente o ingannevoli siano sufficientemente deterrenti, dovrebbero essere fissate a un livello possibilmente superiore al vantaggio indebito che otterrebbe l’autore da tali pratiche.

Il concetto viene ripreso e positivizzato nell’articolo specificamente riferito alle sanzioni, il 139, ove si afferma che “gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie ad assicurare la loro attuazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

Come spesso accade nei testi normativi dell’Unione Europea, non è indicato il tipo di sanzioni che gli Stati membri debbono adottare. In teoria, può trattarsi sia di sanzioni penali che amministrative, purché posseggano quella triplice qualifica: effettive, proporzionate e dissuasive.

2) La legge di delega e la scelta di sole sanzioni amministrative

Veniamo ora all’Italia.

Nell’ottobre 2019 il Parlamento ha approvato la cosiddetta “legge di delegazione europea”, quella che contiene la “delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea”.

In quella sede il legislatore parlamentare ha anche emanato la “delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625”.

In particolare, ha formulato, tra gli altri, i seguenti principi e criteri direttivi: “a) adeguare e raccordare le disposizioni nazionali vigenti alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, con abrogazione espressa delle norme nazionali incompatibili e mediante coordinamento e riordino di quelle residue; i) ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni medesime.”

Il Parlamento ha, quindi, fatto la scelta di campo di dare attuazione a una normativa europea che impone l’adozione di sanzioni aventi le caratteristiche viste sopra mediante l’inserimento nel nostro ordinamento di sole sanzioni amministrative, non anche penali.

Non è precisamente una novità; per citare un solo esempio in tal senso, è quello che è successo in materia di pesticidi.

Intendiamoci: la decisione del Parlamento italiano è formalmente legittima, per quanto si ricordava prima.

Il punto è capire quanto, in questo paese, un apparato di sanzioni meramente amministrative possa realmente essere “efficace, dissuasivo e proporzionato alla gravità delle violazioni” in questione; specie quando si tratta di materie nevralgiche quanto ai beni giuridici coinvolti.

Quando si tratta, come nel caso di specie, di sicurezza alimentare, che è materia che notoriamente coinvolge un bene giuridico prioritario per definizione quale la salute pubblica.

In ogni caso, se non aveva impegnato il Governo a emanare nuove norme penali, di sicuro il Parlamento non lo aveva neanche autorizzato ad abrogare reati a suo (del Governo) libito: l’abrogazione avrebbe dovuto riguardare, in ipotesi, solo le “norme nazionali incompatibili” con il regolamento 625\2017.

3) Il decreto legislativo: tra eccesso di delega e creazione di un vuoto di tutela

L’esecutivo (precedente) si è attivato per adempiere la delega ricevuta.

Nel novembre 2020 ha presentato al Parlamento un testo nel quale non c’era ancora traccia di quello che bolliva in pentola.

In sede di formulazione approvata dalla Conferenza Stato Regioni nella seduta del 3 dicembre 2020, il colpo di teatro: viene disposta l’abrogazione pressoché totale della legge 283\1962.

Non è chiaro per quale stringente ragione giuridica questa legge, praticamente nel suo complesso, sarebbe stata incompatibile con il regolamento unionale.

Ma ancor meno commentatori, a quanto pare, hanno colto il fine ragionamento giuridico per il quale le intelligenze penalistiche di ambito governativo hanno ritenuto che l’unica norma dell’articolato del 1962 non incompatibile fosse quella che prevede la punizione penale di “chiunque produce, vende o comunque mette in commercio sostanze alimentari o carta od imballaggi destinati specificatamente ad involgere le sostanze stesse, nonché oggetti d’uso personale e domestico, colorati con colori non autorizzati.” (art. 10)

Chi scrive non rientra tra quei pochi privilegiati analisti.

Come che sia, la norma penale dell’articolo 10 – che sfuggiva praticamente a tutti i radar giurisprudenziali – è stata l’unica a essersi salvata dalla furia abrogatoria governativa.

Tutto il resto della legge 283 è stato raso al suolo con un tratto di penna.

Smantellati in un colpo solo tutti i reati previsti dall’esecrato art. 5 (con le relative pene sancite all’art. 6), quelli relativi alla vendita e detenzione per la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione (lettera b), insudiciati o invasi da parassiti o comunque nocivi (lettera d), contenenti additivi non autorizzati (lettera g) o residui di fitofarmaci oltre le soglie di legge (lettera h, una delle pochissime norme, in tutto il nostro ordinamento, che prevedevano una forma di tutela penale dall’abuso di pesticidi).

Solo per citare le più significative norme che contemplava la legge eliminata.

Certo, tutti i reati sanciti da quelle norme erano contravvenzioni, quelli che nel nostro ordinamento possono ben essere definiti come reati di serie b, se non proprio reati virtuali (per varie ragioni che si sono più volte ricordate su questo blog). Ma rimanevano ancora oggi, con tutte le criticità e le precarietà che connotano quel tipo di illeciti, il più efficace presidio penale a difesa dell’ordine alimentare in questo paese.

4) La stroncatura del Massimario della Cassazione

Sull’abrogazione della legge 283, l’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione ha pubblicato una tempestiva relazione. Che non garantisce proprio la fondatezza, per non dire la legittimità, di quest’operazione demolitoria, per dirla con un’altra litote.

La “derubricabilità” in altrettanti illeciti amministrativi dei tralatizi fatti-reato articolati in una delle lettere componenti l’art. 5 l. n. 283 del 1962 non è né automatica né necessitata: non è praticabile in via generale, perché in subiecta materia non esiste un (primo) fronte di tutela amministrativa dal simmetrico contenuto omnicomprensivo. Le forme di “reazione” apprestate, in campo alimentare, a mero titolo amministrativo-sanzionatorio (in recepimento, per lo più, di regolamenti comunitari) sono “segmentate” per singolo comparto o per singola sostanza o processo tecnologico e si connotano in termini di marcata specialità tant’è che la loro intrinseca frammentarietà e tassatività non sarebbe neppure superabile per via analogica (non consentita ex art. 14 prel.); non è dato ricercare né il carattere di esatta corrispondenza contenutistica rispetto all’abrogato statuto punitivo alimentare, né soprattutto è dato verificare l’esistenza di identici precetti amministrativi a livello di descrizione delle condotte. […] In definitiva, la futuribile perseguibilità a titolo (d’ora in poi esclusivamente) amministrativo degli illeciti alimentari già costituenti reato ex artt. 5 e 6 l. n. 283 del 1962 appare essere solo accidentale e pulviscolare, a seconda del caso di specie.

Fuori dal lessico del Palazzaccio, non proprio accessibile a tutti, la puntuale e approfondita ricostruzione in diritto della vicenda che opera il Massimario porta a una sola conclusione: spazzare via dalla sera alla mattina un intero corpus di precetti e sanzioni penali senza aver prima apprestato la benché minima forma di alternativa rimediale, di natura penale o amministrativa che sia, è tecnicamente un colpo di spugna su reati contro la sicurezza alimentare vecchi e nuovi.

Un’operazione che provoca un improvviso e radicale vuoto di tutela in una materia nevralgica come la sicurezza alimentare; nevralgica anche e soprattutto per la difesa della salute pubblica.

Un’iniziativa anche illegittima costituzionalmente per quanto si ricordava sopra: il Parlamento non aveva dato al Governo alcuna incondizionata “licenza di abrogare” norme penali. Gli aveva conferito una circoscritta e cogente delega ad abrogare solo le “norme nazionali incompatibili” con il regolamento UE 625\2017.

Il Governo ha usato quella delega per una indiscriminata eliminazione di una legge pressoché nella sua integralità, a prescindere da qualsiasi, pur ipotetico, profilo di incompatibilità con la normativa unionale di riferimento.

Ha, cioè, violato la delega che aveva ricevuto dal Parlamento.

Quando una norma di legge emanata dal Governo – di un decreto legislativo, per la precisione – in forza di una espressa delega ricevuta in tal senso dall’Organo legislativo viola i principi e criteri direttivi formulati nella legge di delega, la norma legislativa approvata dall’Esecutivo è costituzionalmente illegittima per eccesso di delega.

Non ne fa mistero neanche il Massimario della Cassazione nella relazione di cui sopra: “la definitiva abrogazione, ad opera dell’art. 18, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 27 del 2021 della l. n. 283 del 1962 e succ. modif., sembra dunque configurare il vizio procedurale di eccesso di delega rilevabile, previo promovimento di incidente di costituzionalità in via incidentale, in riferimento all’art. 76 Cost. in ragione del mancato rispetto dei principi e criteri direttivi generali e specifici impartiti dal Parlamento.

5) Call to action alla cittadinanza attiva e costituzionalmente orientata

Insomma, ci troviamo, con ogni evidenza, in presenza di una legge illegittima e nociva: il D. Lvo 27\21, non certo la L. 283\1962. Un’operazione legislativa limpidamente strumentale, che ha usato un regolamento unionale per assecondare quella che è ormai, da anni, in molte materie, una sorta di pulsione ossessivo – compulsiva del legislatore italiano: l’inarrestabile erosione dei margini di tutela penale di ambiti anche delicatissimi per i diritti e gli interessi collettivi che vi sono implicati. E, quindi – detta in via del tutto incidentale – l’erosione degli spazi di intervento dell’Autorità Giudiziaria.

Una legge che, da subito ma soprattutto se non dovesse succedere nulla di nuovo fino alla data di entrata in vigore (26 marzo p.v.), dovrà essere considerata e trattata in quanto tale da tutti i cittadini di questa Repubblica costituzionalmente orientati e sensibili alle istanze della sicurezza alimentare e della tutela della salute pubblica: ossia con una opposizione tanto civile quanto radicale, che dovrà esprimersi in tutte le forme costituzionalmente garantite.

Come sempre deve fare la cittadinanza consapevole e attiva quando ci sono beni giuridici fondamentali – come la salute, l’ambiente o la sicurezza alimentare – cui garantire una seria tutela legale con una riforma legislativa da approvare (come fu all’epoca della legge ecoreati) o da respingere – com’è oggi.

I padri costituenti ci hanno regalato i diritti civili – a partire da quello di libera manifestazione del pensiero – anche e soprattutto per questo.

20\3\2020

Stefano Palmisano

Ps: quando questo pezzo era già stato quasi ultimato, si è avuta notizia di questo comunicato stampa del Consiglio dei ministri: “Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Mario Draghi e del Ministro della giustizia Marta Cartabia, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti sulla disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza alimentare. Le norme introdotte hanno lo scopo di evitare un effetto abrogativo di tutte le disposizioni sanzionatorie di carattere penale e amministrativo di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, realizzato con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27, nonché di alcuni articoli del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.”

Non è ancora noto il testo del decreto-legge in questione, quindi è il caso di sospendere ogni valutazione nel merito.

A prima vista, comunque, pare una buona notizia.

Ma soprattutto sembra la solare conferma di quanto si scriveva: l’abrogazione della legge 283\1962 è una misura illegittima e nociva.

1 volto ad assicurare, perseguendo un autonomo fine di benessere, una protezione immediata all’interesse del consumatore a che il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura” (vd. Relazione del Massimario della Corte di Cassazione, infra).

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