Alimenti in stato di alterazione: bisogna accertare l’origine della contaminazione
Un macellaio viene condannato per aver detenuto per la vendita una salsiccia contenente salmonella, ma la Cassazione boccia la sentenza.
Una salsiccia fresca di suino contaminata dalla presenza della salmonella e un macellaio condannato da un Tribunale per aver detenuto per la vendita sostanza alimentari “in stato di alterazione”, reato punito dall’art. 6, comma 3, L. n. 283 del 1962, in relazione all’art. 5, lett. d): di questo si è occupata qualche tempo fa la Corte di Cassazione in una sentenza di notevole importanza in questa materia, per una serie di questioni nevralgiche affrontate e decise dai Supremi Giudici (Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-12-2019) 02-04-2020, n. 11246)
Indice
Assenza di limiti di tollerabilità: la presenza di salmonelle non è tollerabile in sé.
Analisi di campioni: l’avviso orale all’imputato è sufficiente.
Stato di alterazione: per condannare bisogna accertare la causa della contaminazione
Assenza di limiti di tollerabilità: la presenza di salmonelle non è tollerabile in sé
In riferimento alla presenza nella carne di batteri individuati quali “salmonella cd. Minore” (quella del tipo Spp. 2.2.), costituisce il reato di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 lett. d), relativamente alla vendita, detenzione per la vendita o somministrazione di sostanze alimentari alterate, la presenza nell’alimento di microrganismi estranei alla sua composizione naturale, anche se non ricompresi tra quelli per i quali il regolamento di esecuzione della citata L. n. 283 prevede limiti di accettabilità. Ciò poiché tale mancata previsione non comporta l’irrilevanza della contaminazione accertata ai fini penali, significando invece e semplicemente che la presenza delle “salmonelle”, quale che ne sia la specie, non è mai tollerata. Ragione per cui essa comporta l’alterazione della sostanza alimentare nella quale gli stessi microrganismi siano contenuti.
Analisi di campioni: l’avviso orale all’imputato è sufficiente
Nel caso in cui il campione prelevato non consenta, per sua natura, la ripetizione delle analisi e non sia frazionabile secondo la metodica di cui al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 123, art. 4 e del D.M. 16 dicembre 1993, art. 2, l’unico sistema che consente il rispetto delle garanzie è quello stabilito dall’art. 223 disp. att. c.p.p., sicché il laboratorio incaricato degli accertamenti dovrà dare avviso, anche oralmente, delle operazioni alle persone interessate affinché queste possano presenziare, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico, all’esecuzione delle operazioni stesse.
Stato di alterazione: per condannare bisogna accertare la causa della contaminazione
Per affermare la responsabilità per colpa di un operatore del settore alimentare (OSA) in una vicenda come quella oggetto di questo processo, è comunque necessario accertare l’origine della contaminazione, quindi le responsabilità collegate a quest’ultima, senza alcuna possibilità di operare presunzioni di sorta od altre operazioni meramente congetturali da parte del Giudicante. Ciò specie quando – come nel caso di specie – in sede di ispezione dei locali dell’azienda alimentare non sia emersa alcuna carenza igienica in relazione alle attrezzature presenti nel negozio.
E quest’ultima era proprio la situazione che si era verificata nel procedimento in questione: il Tribunale non ha accertato le cause della contaminazione, dunque non avrebbe potuto legittimamente condannare il macellaio.
La sentenza di condanna di primo grado, quindi, avrebbe dovuto esser annullata, se non fosse già intervenuta la prescrizione.
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