Bio – Doc Valdarno di Sopra: un sogno svanito?


In Toscana, c’è un vino doc.

La totalità dei produttori di questo vino che aderiscono al consorzio di tutela segue il metodo biologico. Di fatto, questa doc è, quindi, già una “doc bio”.

Questi vignaioli, però, non si accontentano di un dato di fatto: siccome tutti rispettano sia il disciplinare della denominazione di origine sia la normativa sul biologico, sì da poter esser certificati sia doc che bio, hanno pensato che non ha senso tenere distinte le due cose, almeno nel caso loro.

Hanno, quindi, avviato la procedura di modifica del disciplinare di produzione, in modo da farne la prima doc d’Italia, e forse d’Europa, “bio per disciplinare”: in pratica, per poter fregiare il proprio vino del titolo di Valdarno di Sopra, un produttore dovrebbe necessariamente aderire al metodo biologico.

La denominazione in questione è la Valdarno di Sopra, e alla vicenda si è già accennato in altro post.

La doc è assai giovane (risale al 2011), ma può contare su produttori dallo sguardo lungo; tanto da aver capito che con quella semplice operazione di “riunificazione” – doc e certificazione bio – avrebbero chiuso il cerchio di una lunga serie di ricadute positive: la garanzia di un prodotto a impatto tanto più basso per l’ambiente, per il paesaggio e per la salute, quanto assai più elevato per l’immagine del vino e, quindi, per il suo appeal commerciale.

In realtà, c’è un ulteriore effetto che deriverebbe dalla realizzazione di questa idea imprenditoriale: un esempio concreto di politica agroalimentare per un’altra, più avanzata, idea di “sistema Italia”.

Insomma, l’uovo di Colombo.

Infatti, all’inizio le reazioni al progetto dei viticultori toscani sono state più o meno unanimemente positive.

Ma, a quanto pare, la favola bella è durata poco: stando a dichiarazioni che vengono dai vertici del Consorzio di tutela, il Ministero per le politiche agricole e forestali (presso il quale si svolge la prima parte del procedimento in questione, essendo la seconda di competenza degli organi comunitari), avrebbe eccepito che “denominazione e biologico appartengono a due filoni differenti che non possono essere raggruppati in un’unica classificazione.”

La questione meriterà un approfondimento in diritto, quando ci sarà un formale provvedimento amministrativo che definirà, in un senso o nell’altro, la storia.

Al momento, non si può che rammentare la successione ininterrotta di documenti, risoluzioni, dichiarazioni…, a livello nazionale, europeo e internazionale, che battono univocamente nella direzione di un modello di produzione agricola sostenibile, che comporti il minor impatto possibile per la terra e le matrici ambientali, per non dire che non aggravi ulteriormente il disastro ambientale che l’agricoltura convenzionale ha già contribuito a produrre: in breve, che sostengono la necessità di un approccio agroecologico. Ossia, quello che sta alla base del progetto della bio doc Valdarno di Sopra.

L’auspicio è che, nel procedimento amministrativo relativo a quel progetto, l’approccio agroecologico, che pur può contare su quella variegata massa di autorevolissimi atti a suo sostegno, non resti schiacciata da quel Moloch sistematicamente di casa in talune stanze ministeriali che è l’approccio burocratico.

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