Biologico: delitti ricorrenti, conflitti d’interessi, pene inadeguate.


Rieccoli!

Nove arresti in provincia di Pisa per frode in commercio in materia di falsi alimenti biologici.

Stando alla ricostruzione accusatoria, un’organizzazione criminale, articolata su diversi livelli gerarchici con il diretto intervento di soggetti prestanome in territorio nazionale ed estero, ha prodotto e commercializzato nel territorio dell’Unione europea 1,4 milione di kg di succo concentrato di mela sofisticato con acqua e sostanze zuccherine dichiarandolo falsamente come biologico di origine europea.

Il procedimento penale è ancora in fase d’indagine, dunque i fatti sono tutti da accertare, le responsabilità personali da provare e gli indagati sono presunti non colpevoli fino a sentenza di condanna definitiva.

Fatte queste precisazioni, doverose come sempre, un paio di brevissime osservazioni “di contesto” non sono comunque vietate.

Il biologico continua nel suo processo di grande espansione sui mercati di tutta Europa e in Italia in particolare; un successo che induce il legislatore unionale e nazionale a cercare forme di regolamentazione sempre più adeguate a questo fenomeno economico-commerciale (il bio, ovviamente, non è solo questo; ma è anche questo); anche in chiave di ulteriore promozione, dato il valore complessivo dell’agricoltura biologica: oltre al citato profilo economico, anche quello sociale, culturale e, soprattutto, ambientale.

La più recente normativa italiana, però, in particolare quella relativa proprio alla tutela del consumatore da illegalità varie, quando non vere e proprie frodi – il c.d. “decreto controlli” – ha lasciato inalterate alcune fondamentali zone grigie nel sistema legale bio: a partire da corpose forme di conflitto d’interesse tra produttori e organismi di certificazione (ossia tra controllati e controllori).

Lo stesso presidente di FederBio, l’ente di riferimento del mondo del biologico nazionale, non esita a dichiarare, in ordine proprio all’inchiesta pisana, che “ancora una volta si sono sfruttate le debolezze del sistema di certificazione attuale [….] Senza una vera tracciabilità a sistema, come quella che FederBio ha proposto e realizzato da tempo, e senza interventi drastici su alcuni organismi di certificazione in palese conflitto d’interesse o inadeguati a svolgere un controllo efficace nell’era del digitale e della blockchain, il rischio rimarrà elevato.

Con buona pace di quanti, dai più altri scranni del settore, dopo la scoperta di quest’ennesima storiaccia, hanno singolarmente interpretato quest’ultima solo come la prova del funzionamento del meccanismo dei controlli.

Infine, due parole sullo stato della tutela penale.

Il reato che si contesta in questi casi, di regola, è la frode in commercio.

E’ una figura di reato ad ampio spettro, che in quanto tale colpisce anche questo tipo di condotte; ma c’è ormai un evidente iato tra la specificità dei delitti contro l’agricoltura e l’alimentazione biologica – in termini di gravità e di disvalore di questo tipo di fenomeni criminosi – e la genericità della fattispecie penale che li punisce. La prima, ovvia, conseguenza di questa scissione è il basso, bassissimo livello di deterrenza che ormai connota questo reato; come tanti altri suoi simili, peraltro.

Sarà, forse, anche per questo che la riforma dei reati agroalimentari prevederebbe una specifica tutela penale del biologico (oggi inesistente), a mezzo di un’apposita aggravante proprio al reato di frode in commercio.

Ma il progetto elaborato in tal senso dalla Commissione Caselli, ormai quasi quattro anni fa, langue ancora, desolato, in qualche anfratto parlamentare; a più di un anno dall’insediamento di questo esecutivo e della sua maggioranza parlamentare.

La questione non è, con ogni evidenza, in cima all’agenda parlamentare; per non dire di quella governativa.

Ma è perfettamente comprensibile: i reati contro il biologico, come la stragrande maggioranza di quelli più gravi contro la salute pubblica, di solito, non possono essere ascritti ai passeggeri di imbarcazioni che pretendono di sbarcare in Italia senza permesso di soggiorno.

 

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