DDL reati agroalimentari: una riforma contro tutte le aziende o solo contro alcune?


Una certa vulgata su questa novella la spaccia soprattutto come un ostacolo alle imprese, ma la verità fa assai meno paura. Soprattutto a quelle serie.

Il disegno di legge (ddl) sui reati agroalimentari è una riforma contro le aziende; criminalizza gli operatori del settore agroalimentare.

Per le imprese, il rapporto con lo Stato – quindi il lavoro – è già difficile; se passa quella riforma, diventeranno entrambi impossibili.

Gli adempimenti che prevede quel testo legislativo saranno solo un altro dispendio di danaro e di risorse per le imprese; l’ennesimo balzello senza alcuna controprestazione in cambio, per non dire senza alcuna seria ragione.”

Ma è proprio così?

A leggere il testo del ddl con la serenità e l’attenzione necessarie, non pare proprio.

E’ certamente un articolato complesso, per non dire complicato in vari punti, con una serie di definizioni e di distinzioni giuridiche tra un istituto e l’altro, fra un reato e l’altro che, all’inizio, potrebbero anche rendere la vita difficile anzitutto agli accertatori degli enti di controllo e poi agli operatori del diritto che dovranno applicare le nuove norme. Per costoro, in particolare, si porrà certamente una questione di ulteriore qualificazione professionale, di formazione serrata e di aggiornamento continuo.

Detto questo, non sembra che quei profili di potenziale difficoltà possano minare più di tanto la concreta e proficua applicazione della nuova normativa.

Di sicuro, questo non significa affatto che quelle affermazioni riportate all’inizio di questo post siano poco più di un luogo comune, a volte raccogliticcio, se non proprio decisamente strumentale.

Al contrario, tra le sue molte componenti innovative e interessanti, il ddl in questione contiene una serie di previsioni di aperto favore per le imprese e gli operatori che dovessero incappare “nelle maglie della giustizia” per una mera, occasionale negligenza o, comunque, per un peccato veniale di un singolo: dalla possibilità di estinzione del reato a mezzo dell’adempimento di una mera prescrizione amministrativa e del pagamento di una sanzione ridotta alla stessa esclusione, a monte, della responsabilità in presenza di determinati comportamenti attivi della azienda medesima. Insieme alla previsione di altre attenuanti e trattamenti premiali.

Insomma, le imprese che avrebbero seriamente da temere da questa riforma sarebbero solo quelle che non hanno le carte in regola in modo sistematico.

E se queste ultime incorrono, per una volta, in qualche serio rigore della legge, non c’è da stracciarsi le vesti.

Di sicuro, non hanno nessun interesse, e forse nessuna intenzione, a farlo quegli altri imprenditori: quelli che le regole – in questo caso, della sicurezza alimentare e della correttezza del commercio – provano comunque, seriamente, a rispettarle; pur con tutta la fatica e, spesso, l’esasperazione che questo comporta per una persona o un’azienda fondamentalmente onesta che si vede sistematicamente scavalcata, e possibilmente svillaneggiata, da un concorrente disonesto.

Uno per cui la legge è solo un ottimo mezzo per sbarazzarsi degli altri, dei fessi: quelli che alla legge vogliono continuare, faticosamente, a credere.

Quelli che continuano a rappresentare una delle poche, serie, speranze che questa società – in un futuro neanche tanto remoto – non faccia uno spillover alla rovescia: verso la legge della giungla.

Ne parleremo domani sera, alle 17.30, nella tavola rotonda digitale organizzata a tal fine da Cibo Diritto e Legambiente.

Saremo lieti di farlo con tutti coloro che hanno qualcosa da dire.

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