Dell’etica e delle (mancate) regole del vino naturale – Note a margine della conferenza stampa di Vi.Te


Nel mondo del vino naturale, oltre alle fiere settimanali e alle degustazioni a raffica, emerge sempre più uno sforzo concreto per far giocare al vino, nel suo piccolo (ma neanche tanto), un ruolo virtuoso di fronte alle più nevralgiche questioni ambientali di quest’epoca: la crisi climatica, il degrado del suolo, il massacro di biodiversità, l’inquinamento di tutte le matrici ambientali.

O almeno questo è quello che provano a fare i settori più consapevoli e reattivi di quel mondo.

Tra questi, c’è Vi.Te – Vignaioli e Territori, ormai una delle più significative realtà di produttori di vino naturale.

Ieri, 26 gennaio, a Milano, in una conferenza stampa, la prima dell’associazione – cui chi scrive ha avuto il piacere di essere invitato – il Presidente, Gabriele Da Prato, e il Segretario, Andrea Scaramuzza hanno illustrato la storia di Vi.Te dalla sua costituzione, i risultati ottenuti finora e, soprattutto, i progetti per il futuro.

Come hanno rimarcato i dirigenti, il loro è stato un sodalizio che, finora, “ha sempre tenuto un bassissimo profilo, senza personalismi né verticismi”.

Ma questo, a quanto pare, non gli ha impedito di crescere significativamente, sia in termini di associati che di rilievo pubblico.

Sotto quest’ultimo profilo, di notevole importanza è certamente il ruolo giocato all’interno della manifestazione vitivinicola nazionale per eccellenza: il Vinitaly, all’interno del quale Vi.Te gestisce una delle due parti in cui è diviso uno dei padiglioni più interessanti, l’Organic Hall, nonché una serie di iniziative pubbliche di divulgazione sull’agricoltura e sulla viticultura sostenibile.

Questo attivismo in un contesto “mainstream” per definizione, come il Vinitaly, ha una duplice finalità, a quanto è emerso: da un lato, quella di impedire fenomeni di isolamento o autoisolamento dei vignaioli naturali; dall’altro, provare a contrastare, in un contesto di grande visibilità e significato, “la confusione e la disinformazione su cosa voglia dire ‘biologico’, ‘naturale’, ‘sostenibile’…

Fin qui, un’impostazione e un’attività che meritano piena condivisione e grande attenzione.

Poi c’è la parte delle regole.

E qui il discorso si fa molto meno convincente.

Nel documento distribuito durante la conferenza stampa, sul punto, si parte da un inconfutabile presupposto: “sempre di più sembra che nel mondo del vino siano gli eventi e le manifestazioni a ‘legittimare’ una non ben definita ‘naturalità’ […] per il semplice fatto che un’azienda vi partecipi. Senza dubbio si può trattare di un buon punto di partenza, data la serietà di molti organizzatori, ma che per evitare di alimentare altra confusione dovrebbe tradursi in un messaggio estremamente più definito e strutturato.”

Da queste impeccabili premesse, però, i dirigenti di Vi.Te fanno derivare decisioni e posizioni assai meno facilmente esplicabili: “questa necessità ha portato alla creazione di un documento interno; non un manifesto da pubblicare a grandi lettere o parametri e regole da anteporre all’aspetto umano, ma delle linee guida condivise tra i vignaioli, che fungano da traccia ideale per il percorso di ciascuno.”

Non è chiaro cosa siano queste “linee guida”, anche e soprattutto perché non sono pubbliche, come sottolineato nel testo.

Ma, a parte questo, è l’impostazione di fondo su questa questione cruciale a destare le perplessità più pesanti: il solito cocktail (che continua a connotare molte realtà di viticultura naturale; ma, più in generale, dell’agricoltura sociale e sostenibile) di diffidenza, timore e anche un po’ di confusione (quella stessa che si dichiara giustamente di voler combattere) sul concetto stesso di regole, curiosamente contrapposte “all’aspetto umano”.

Con il consueto corollario di un approccio liquidatorio verso “ispezioni, certificazioni, bollini”.

Come se le regole stesse, il rapporto con queste, non fossero il tratto distintivo, ma anche uno strumento imprescindibile, di qualsiasi aggregato umano che tenda alla sua conservazione in un contesto e in forme “civili”.

E questo vale anche quando si sta parlando di un (mancato) disciplinare di un’associazione di produttori di vino naturale; perché di questo si tratta in questo caso.

Al netto di voli pindarici di filosofia del diritto, il rifiuto di qualsiasi serio apparato di norme sulla produzione vitivinicola, in campo e in cantina, costituisce anzitutto un rischio verso gli stessi produttori di Vi.Te: perché potrebbe creare le condizioni per equivoci, confusione e, quindi, anche contenziosi; per esempio, sui requisiti di ammissibilità all’interno dell’associazione. Come sempre, d’altronde, quando un ambito molto frequentato – e molto appetibile – non è adeguatamente regolamentato.

Ma c’è di più e di peggio.

Quell’approccio ignora completamente “l’altra metà del cielo” del vino: quello dei bevitori, o consumatori che dir si voglia. O almeno della loro parte più consapevole, attenta e “assetata” di conoscenza su quello che sta bevendo.

Parte che, soprattutto nel caso di vino naturale, dovrebbe essere parecchio significativa anche sotto il profilo quantitativo.

Né è seriamente sostenibile che costoro debbano accontentarsi solo della “fiducia” nel viticultore di turno: quella, in un rapporto produttore – bevitore naturale, è presupposta; ma, nella società dell’informazione del terzo millennio, non può essere sufficiente.

Sia chiaro: nonostante questi rilievi critici (peraltro, appena sbozzati), un’associazione come Vi.Te merita rispetto e attenzione. E, soprattutto, simpatia e vicinanza ai suoi vignaioli.

Non foss’altro per la grande sensibilità che propugna alla questione dell’ “etica del vignaiolo”.

Ma senza un corpo serio di regole – il che vuol dire comprensivo anche di un apparato sanzionatorio – l’etica è un profeta disarmato.

E il profeti disarmati, com’è noto, non hanno davanti a sé necessariamente magnifiche sorti e progressive.

3 Comments

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  1. 1
    Vi.Te - Vignaioli e Territori

    Non troverete un manifesto o un disciplinare sbandierato sul nostro sito, in quanto il documento che descrive le linee guida di Vi.Te è interno all’Associazione.
    Siamo infatti convinti anche noi dell’importanza delle regole, ma ne riconosciamo un valore ancora più alto se messe in relazione con l’elemento umano.

    Parametri e ricette possono essere seguiti e rispettati da chiunque, il vignaiolo naturale invece è unico e irripetibile.
    Preferiamo quindi non alimentare una dimensione di controllo poliziesco – magari delegato all’ennesimo ente esterno – o il fiorire di linee appositamente studiate ed escamotage per rientrare in questo o in quel disciplinare, bensì favorire un incontro e una reale conoscenza di chi si rivolge a Vi.Te.

    L’attenzione va spostata dal metodo – e quindi dalla ricetta – alla persona che vive di vino: il vignaiolo, con le sue idee e le sue pratiche quotidiane.
    La credibilità sarà accompagnata dalla forza concreta del nostro messaggio e dai contenuti che sapremo portare come Associazione.
    Non serve l’ennesimo bollino: i vignaioli naturali non fanno “vino naturale”; i vignaioli naturali fanno semplicemente Vino.

    • 2
      Stefano Palmisano

      E’ discorso tanto complesso quanto nevralgico per le stesse sorti del vino naturale, amici di Vi.Te. Con tutto ciò che questo comporta, di conseguenza, per l’idea di una viticultura e di un’agricoltura sostenibili. Per questo, è un discorso che toccherà riprendere, in qualche modo.

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