Di divieti di coltivazione di nocciole, di annullamenti del TAR, di principio di precauzione, di eterogenesi dei fini – Note a margine di TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n. 13831 del 3 dicembre 2019
Le coltivazioni “superintensive” non fanno bene alla terra. E, spesso, neanche agli umani.
Per quello che comportano in termini di contaminazione da pesticidi, di emissioni di gas serra, di erosione e impermeabilizzazione del suolo, di inquinamento delle falde…
Tra le ultime fonti assai autorevoli a ricordare questo semplice dato di verità vi è l’Agenzia Europea per l’Ambiente nel suo recente rapporto “Stato per l’ambiente 2020”.
In Italia, ci sono alcune colture che, in quanto praticate in forme superintensive, praticamente da monocultura, connotano ormai di sé alcuni territori, nel bene e nel male: a partire dal profilo paesaggistico, per proseguire con quello strettamente relativo alle matrici ambientali.
Una di queste è certamente la nocciola, quella che, anche secondo Carlo Petrini, è diventata ormai una “commodity”.
Tra le zone in cui l’impatto dei noccioleti è più forte c’è il lago di Bolsena.
Che non scoppia di salute, specie sotto il profilo dell’eutrofizzazione, stando a quanto ha certificato l’Arpa Lazio di recente.
E tra i principali indiziati di questa condizione patologica del lago ci sono proprio le nocciole.
Tanto che i sindaci di una serie di comuni che vi si affacciano si sono attivati con provvedimenti variamente limitativi delle coltivazioni in questione.
In particolare, il primo cittadino di Bolsena ha emesso un’ordinanza con cui vieta la realizzazione di impianti di noccioleti intensivi sul territorio comunale che cade all’interno del bacino del lago omonimo.
Il provvedimento ha trovato l’ovvia risposta da parte dei controinteressati, tra cui l’Organizzazione dei produttori di frutta a guscio e un’azienda agricola: un ricorso al TAR Lazio contro l’atto del Comune.
E quest’ultimo non esce benissimo, per dirla in modo delicato, dal giudizio amministrativo, se è vero che: 1) non si è nemmeno costituito in giudizio per resistere; 2) ha effettuato un’istruttoria a monte del provvedimento che presenta una “radicale lacunosità”, tanto che non emergerebbe dalla stessa “nessuna concreta ed obiettiva evidenza idonea a comprovare la sussistenza di una situazione di pericolo, peraltro meramente prospettata (“potrebbe avere”; “potrebbero costituire”), con altrettanto indimostrata correlazione, quanto alla fonte di promanazione della minaccia, con le sostanze utilizzate nella coltivazione intensiva dei noccioleti, dovendosi anche sottolineare l’assoluta inadeguatezza del riferimento a studi, meramente teorici, riferiti alle modalità di trattamento delle eventuali patologie del nocciolo, scevro da qualsivoglia considerazione delle specifiche normative settoriali – eurounitarie e nazionali – che regolamentano l’impiego delle sostanze indicate nel provvedimento (fitofarmaci, antiparassitari, diserbanti, concimi)….”; 3) ha dovuto subire, dunque, il logico annullamento del provvedimento impugnato con condanna alle spese di lite a favore dei ricorrenti.
La conseguenza giuridica più rilevante della vicenda, però, è quella codificata nella massima del processo: “Il principio di precauzione non può legittimare una interpretazione delle disposizioni normative, tecniche ed amministrative vigenti in un dato settore che ne dilati il senso fino a ricomprendervi vicende non significativamente pregiudizievoli dell’area interessata, dovendo la prospettata situazione di pericolo essere potenziale o latente ma non meramente ipotizzata e incidere significativamente sull’ambiente e la salute dell’uomo.” (TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n. 13831 del 3 dicembre 2019)
Non risulta alcun elemento per eccepire alcunché alla ricostruzione dei fatti effettuata dal TAR, con particolare riferimento alla valutazione “di accuratezza” e, quindi, “di fondatezza” dell’azione del Comune di Bolsena; anche perché, lo si ripete, quest’ultimo ha ritenuto di non dover neppure costituirsi in giudizio per difendere il suo operato.
Non resta, quindi, che trarre un’ elementare conclusione: la difesa dell’ambiente e della salute pubblica impone conoscenza, rigore, studio, basi scientifiche. Anche e soprattutto quando avviene per provvedimento amministrativo.
In caso contrario, l’effetto boomerang è dietro l’angolo.
Che può significare anche massime giuridiche pericolose – perché suscettibili di interpretazioni estensive a seconda delle situazioni, delle esigenze e della forza degli interessi in campo – su questioni e principi nodali per la stessa tutela dell’ambiente e della salute: come il principio di precauzione, per l’appunto.
Un grande scienziato civile, Lorenzo Tomatis, avvertiva: “tutto vi perdoneranno, fuorché la competenza”.
Oggi, parafrasandolo, si dovrebbe avere la capacità di affermare che proprio nella causa della tutela ambientale, per la sua vitale importanza, tutto dovrebbe essere perdonato fuorché l’incompetenza e la sciatteria.
+ There are no comments
Add yours