Disegno di legge sull’agricoltura biologica: la chance dei biodistretti
Nel testo approvato da poco dalla Commissione Agricoltura del Senato vengono confermate le nuove istituzioni dell’economia virtuosa dei territori. Il bio diventa sistema?
Qualche giorno fa, la Commissione Agricoltura del Senato ha licenziato il disegno di legge sull’agricoltura biologica.
Iniziamo oggi l’approfondimento di alcune norme che paiono particolarmente rilevanti contenute nel testo approvato all’unanimità dalla commissione.
Partiamo analizzando un aspetto che potrebbe risultare, se diventasse definitivo, di grande importanza ai fini della reale promozione del biologico nella sua espressione più sistemica, quindi compiuta: i biodistretti.
L’articolo di riferimento del ddl è il numero 13, un lungo articolo che non risulta sottoposto a emendamenti in commissione.
La norma contiene anzitutto la descrizione delle finalità dei biodistretti: a) promuovere la conversione alla produzione biologica e incentivare l’uso sostenibile delle risorse naturali e locali nei processi produttivi agricoli, nonché garantire la tutela degli ecosistemi, sostenendo la progettazione e l’innovazione al servizio di un’economia circolare; b) stimolare e favorire l’approccio territoriale alla conversione e al mantenimento della produzione biologica, anche al di fuori dei confini amministrativi, promuovendo la coesione e la partecipazione di tutti i soggetti economici e sociali con l’obiettivo di perseguire uno sviluppo attento alla conservazione delle risorse, impiegando le stesse nei processi produttivi in modo da salvaguardare l’ambiente, la salute e le diversità locali; c) semplificare, per i produttori biologici operanti nel distretto, l’applicazione
delle norme di certificazione biologica e delle norme di certificazione ambientale e territoriale previste dalla normativa vigente ecc….
Ma gli elementi che potrebbero davvero fare la differenza in chiave di lancio di queste innovative istituzioni di economia virtuosa dei territori sono contenuti negli ultimi commi dell’art. 13: perché prevedono precisi compiti e prerogative, in tal senso, degli enti pubblici.
In particolare, al comma 8 si afferma che “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere percorsi graduali di conversione al metodo biologico al fine del riconoscimento dei distretti biologici”.
E, ancor più, il comma 10 in forza del quale “le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono individuare criteri specifici sulla base dei quali attribuire priorità al finanziamento di progetti presentati da imprese singole o associate o da enti locali singoli o associati operanti nel territorio del distretto biologico o dallo stesso distretto biologico.”
Se una disposizione del genere si consolidasse, l’obiettivo – ormai fondamentale per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica; per non dire per le residue chances di salvezza del pianeta dalla crisi climatica ed ecologica – di favorire al massimo l’opzione agroecologica da parte dei contadini potrebbe davvero di uscire dal mondo delle idee o, peggio, delle occasioni da parata per diventare prospettiva, economica e sociale, concreta e realizzabile.
Tutte ottime ragioni perché quel ddl diventi al più presto legge dello Stato.
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