DOP \ IGP: è lecito solo quello che è espressamente consentito dal disciplinare – Il caso dell’Amarone


Oggi dedichiamo qualche breve nota a una sentenza non più recentissima, ma del tutto attuale, in materia di tutela delle denominazioni di origine dei vini.

Nel 2015, il Consorzio di tutela dei vini Valpolicella – in qualità di Consorzio riconosciuto ed autorizzato per la DOCG “Amarone della Valpolicella” – e sette aziende produttrici aderenti al Consorzio, citavano in giudizio innanzi al Tribunale di Venezia la società consortile “Le Famiglie dell’Amarone d’Arte” per chiedere la protezione della denominazione “Amarone della Valpolicella” DOCG, nonché della menzione tradizionale “Amarone” (riservata ai soli vini Amarone della Valpolicella DOCG).

Più precisamente, il Consorzio e le altre società “attrici” (cioè che fanno causa) contestano alle avversarie tre distinti comportamenti illeciti:

  1. l’aver utilizzato una denominazione sociale (“Le Famiglie dell’Amarone d’Arte”) che riproduce illecitamente la menzione tradizionale “Amarone” ed uno dei termini costitutivi della DOCG “Amarone della Valpolicella”;
  2. l’aver registrato ed utilizzato un marchio nazionale comprendente la dicitura “Famiglie dell’Amarone d’Arte”, nel quale la parola “Amarone” è stata illecitamente accostata alla specificazione “d’arte”;
  3. l’aver realizzato forme di concorrenza sleale, avendo usato, per fini promozionali, la Denominazione “Amarone della Valpolicella” accompagnata dalla specificazione “d’arte”, nonché la pubblicizzazione di un “codice di condotta volontario” in violazione delle relative prescrizioni di legge.

Il tribunale ha dato ragione su tutta la linea a chi aveva promosso il giudizio.

Il dato centrale della decisione è stato dettato da una fondamentale norma contenuta nello stesso disciplinare di produzione della DOCG “Amarone della Valpolicella”: è, infatti, espressamente previsto il divieto di associare alla denominazione protetta “qualsiasi specificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi, ‘extra’, ‘fine’, ‘scelto’ e similari” (articolo 7.1).

V’è di più.

I giudici veneziani hanno affermato altresì che, anche a prescindere dall’esplicito divieto vigente per la DOCG Amarone, non è mai lecito accostare al nome di una DOP ulteriori specificazioni e\o qualificazioni diverse da quelle espressamente previste dal disciplinare.

Questo perché, in caso contrario, si darebbe vita a un’indebita differenziazione, all’interno della stessa DOP, tra i vini “qualificati” e quelli no.

Secondo questo rigoroso approccio interpretativo, in pratica, quando ci si trovi in presenza di un prodotto alimentare la cui denominazione \ indicazione goda di una protezione normativa, nella sua etichettatura e pubblicizzazione si può fare solo quello che è espressamente consentito dal disciplinare di produzione. Tutto il resto è vietato.

Insomma, una tutela molto, molto forte.

Avremo modo di riparlarne.

 

 

 

 

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