Etichetta dell’alimento falsa: chi risponde?


La Cassazione torna a pronunciarsi sul tema della responsabilità penale dei soggetti aventi incarichi dirigenziali in una azienda che si occupa della produzione e messa in commercio di alimenti.

La posizione dei giudici di legittimità viene ribadita in maniera chiara: nessuna possibilità per i titolari di pratiche “da scaricabarile”!

E’ loro compito vigilare sul ciclo produttivo e la messa in vendita dell’alimento, il quale sull’etichetta deve riportare indicazioni corrispondenti alla effettive caratteristiche del prodotto.

INDICE

  • Etichetta dell’alimento falsa: il mangime sedicente biologico

  • Cos’è l’etichetta di un alimento?

  • Cosa deve indicare l’etichetta?

  • Etichetta dell’alimento falsa: la frode in commercio del titolare dell’azienda

  • La decisione della Cassazione: il dovere di controllo del titolare dell’azienda

Etichetta dell’alimento falsa: il mangime etichettato come biologico

Il caso oggetto della sentenza1 in commento riguarda una azienda produttrice di mangime che era stato etichettato e venduto ai consumatori come avente le qualità di un prodotto biologico perché contenente la presenza di cruschello per l’appunto c.d. biologico ma, in realtà, privo di tali caratteristiche.

All’esito di una ispezione sanitaria, il mangime, infatti, non solo aveva differenti quantitativi di ingredienti rispetto a quanto indicato sull’etichetta ma, addirittura, presentava componenti non menzionate, come ad esempio la soia fioccata.

Cos’è l’etichetta di un alimento?

Anzitutto, occorre chiarire cosa si intenda per etichetta di un prodotto alimentare, come essa sia normativamente disciplinata e quale sia la funzione cui assolve.

Le definizioni di etichetta e di etichettatura ci vengono fornite dalla normativa europea2 che si prefigge l’obiettivo di fornire ai consumatori le corrette informazioni sugli alimenti al fine di garantire un livello elevato di protezione della loro salute, dando agli stessi le basi per effettuare delle scelte consapevoli e per utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto in particolare di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche3.

In particolare, la sopra menzionata normativa definisce come etichetta “qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna detto imballaggio o contenitore”.

Di conseguenza, l’etichettatura è “qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, etichetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento”.

Cosa deve indicare l’etichetta?

In particolare, secondo la menzionata normativa europea le informazioni che devono essere obbligatoriamente presenti sull’etichetta sono:

-la denominazione dell’alimento;

-l’elenco e la quantità degli ingredienti;

-l’ indicazione di qualsiasi sostanza che provochi allergie o intolleranze;

-la quantità netta dell’alimento;

– il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;

– le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni di impiego;

– il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare responsabile del prodotto e della sua sicurezza;

– il paese di origine o luogo di provenienza, quando previsto;

le istruzioni per l’uso, nei casi in cui siano necessarie per un utilizzo adeguato dell’alimento;

– il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande che contengono un quantitativo di alcool in volume maggiore dell’1,2%;

– la dichiarazione nutrizionale con l’indicazione del valore energetico, della quantità di grassi, di acidi grassi saturi,carboidrati, zuccheri, proteine e sale.

Etichetta dell’alimento falsa: la frode in commercio del titolare dell’azienda

Nel caso di specie dell’azienda produttrice di mangime venduto come biologico ma, in realtà, non tale, a finire sotto processo per il reato di frode nell’esercizio del commercio4 , e ad esserne anche condannato nei primi due gradi del giudizio, era stato l’amministratore delegato della società avente la specifica qualifica aziendale di responsabilie della produzione e della logistica.

Ebbene, l’imputato si era difeso sostenendo di non aver in alcun modo partecipato nè dolosamente né personalmente alla fabbricazione e commercializzazione della partita di mangime contaminato e di non essersi, dunque, avveduto della presenza in esso del cruschello non biologico.

Infatti, nel corso della filiera produttiva aziendale vi era stata una contaminazione accidentale del mangime, dovuta probabilmente alla presenza di residui di macinazione all’interno dei macchinari non perfettamente puliti.

La decisione della Cassazione: il dovere di controllo del titolare dell’azienda

La giustificazione addotta dall’uomo, però, non è stata ritenuta fondata da parte dei giudici della Suprema Corte i quali hanno confermato l’orientamento giurisprudenziale ormai maggioritario in materia ribandendo il principio secondo il quale “sul titolare di un esercizio commerciale grava l’obbligo di impartire ai propri dipendenti precise disposizioni di leale e scrupoloso comportamento commerciale e di vigilare sull’osservanza di tali disposizioni”

In mancanza di ciò, egli è responsabile del reato di frode in commercio sia quando alla propria condotta omissiva si accompagni la consapevolezza che da essa possano scaturire gli eventi tipici del reato sia quando si sia agito accettando il rischio che tali eventi si verifichino.

Allo stesso modo, nelle aziende di grandi dimensioni, i titolari, siano essi soggetti aventi la qualifica di amministratori o legali rappresentanti, in assenza di specifiche deleghe di funzioni ad altri, sono tenuti a fornire precise indicazioni ai dipendenti dell’organigramma produttivo aziendale e a controllare che tali disposizioni vengano scrupolosamente rispettate, pena la loro personale responsabilità penale5.

In buona sostanza, secondo la Cassazione l’imputato, proprio in virtù della qualifica apicale rivestita, di unico responsabile del settore della logistica e della produzione della società, pur non avendo personalmente partecipato al processo produttivo del mangime e alla sua messa in commercio, avrebbe dovuto accertarsi che le componenti dello stesso fossero effettivamente corrispondenti a quelle dichiarate in etichetta, stante anche l’assenza di delega di funzioni e, dunque, di altri soggetti in azienda che potessero assumere determinazioni al riguardo.

Avv. Anna Ancona

1

 Cass. Pen. sez. 3, n. 27190 del 14 luglio 2022.

2

 Art. 2 del Regolamento U.E. n. 1169 del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori ed applicabile a tutti gli operatori del settore e in tutte le fasi della catena alimentare.

3

 Per un approfondimento circa la normativa vigente in materia di corrette informazioni che devono essere fornite ai consumatori circa gli alimenti si veda: https://www.ilmiocibo.it/media/approfondimenti/la-corretta-informazione-del-consumatore-il-reg-ue-1169-11/#:~:text=12%20del%20Reg.-,UE%20n.,9%20e%2010%20del%20provvedimento 

4

 Previsto e punito dall’art. 515 c.p.

5

 Per un recente contributo presente su questo blog in materia di responsabilità penale dei soggetti che rivestono funzioni apicali nelle aziende aventi un organigramma complesso si veda https://cibodiritto.com/alimento-nocivo-servito-alla-mensa-scolastica-chi-ne-risponde/

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