Export vini italiani 2020


La pandemia di Covid – 19 ha avuto un forte impatto sul mercato agroalimentare, generando diverse problematiche, tra le quali è necessario annoverare anche l’importante calo dell’export nel settore vitivinicolo.

Secondo i dati raccolti già nel novembre 2020 dall’Osservatorio Vinitaly -Nomisma Wine Monitor, infatti, il 2020 avrebbe registrato una contrazione del valore delle importazioni mondiali di vino stimata (su base doganale) di oltre 3 miliardi di euro rispetto al 2019, collegata anche all’importante riduzione delle vendite estere da parte della Francia, Paese che da sempre ricopre un ruolo predominante nel settore.

Per meglio comprendere l’entità di tale contrazione, è interessante ricordare i dati forniti dallo stesso Osservatorio Nomisma nel febbraio 2020, relativi al trend delle esportazioni nel mercato vitivinicolo del 2019. Mentre in quasi tutti i Paesi terzi si registrava un aumento delle importazioni di vino, rimanevano esclusi dall’elenco virtuoso soltanto la Cina (soprattutto a spese della Francia), Hong Kong e Australia.

In particolare, l’Italia chiudeva l’anno con una crescita delle esportazioni di vino di circa il 2,9% rispetto al 2018 dovuta ad un risultato positivo riscontrato nei mercati degli Stati Uniti (+4,2% l’import di vino italiano), in Svizzera (+3,8), in Russia (+12%) e sorprendentemente anche in Francia (+6%), con importanti miglioramenti anche in Giappone e Canada.

Le previsioni per l’export italiano del 2020 formulate dal medesimo Osservatorio, si sono avverate solo in parte.

Infatti, fortunatamente l’Italia non è stata costretta a misurarsi con le terribili conseguenze che sarebbero derivate dal minacciato inasprimento dei dazi statunitensi alle esportazioni dei vini italiani – a differenza di uno dei suoi più importanti competitor quale la Francia – come invece giustamente si temeva all’inizio del 2020.

D’altro canto, i timori relativi all’epidemia di Covid-19, che nel febbraio 2020 sembrava un problema che avrebbe coinvolto solo localmente la Repubblica Popolare Cinese, si sono purtroppo rivelati fondati, mentre per quanto riguarda gli scambi con il Regno Unito – per i quali lo stesso Osservatorio Nomisma sottolineava qualche preoccupazione – siamo ancora in attesa di verificare le conseguenze dell’applicazione degli accordi Brexit appena ufficializzati.

Tra i mercati esteri che venivano individuati quali possibili aree di crescita per il 2020 in materia di export vitivinicolo, i Paesi dell’Est Europa hanno effettivamente ricoperto un ruolo predominante durante l’anno appena concluso.

Infatti, il calo delle esportazioni italiane di vino che ha registrato un valore negativo pari al – 4,6% (6,1 miliardi di euro) sull’anno precedente (sempre secondo le stime Nomisma) è stato mitigato da un risultato positivo ottenuto sui mercati dell’Est Europa.

In particolare, tra i mercati più virtuosi si ricordano: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Ucraina, Estonia, Lettonia e Lituania.

Sebbene nell’export verso gli altri Paesi le vendite di “sparkling” – associate generalmente ai festeggiamenti e alle occasioni di socialità – hanno realizzato una perdita maggiore rispetto ai vini fermi, invertendo la tendenza degli ultimi anni, nei Paesi in oggetto gli spumanti sono rimasti in testa alla lista dei prodotti vitivinicoli in crescita, seguiti dai vini DOP.1 Dato, quest’ultimo, di importante rilevanza sociologica, che se analizzato potrebbe contribuire a rendere ancor più accessibili i mercati in questione.

Tra i Paesi dell’Est Europa, un ruolo certamente non trascurabile è giocato dalla Russia e dall’Ucraina.

Al fine di comprendere meglio in quale direzione si muove il mercato dell’export dei prodotti vinicoli nei Paesi come la Russia e l’Ucraina è di cruciale importanza considerare anche le scelte di politica interna, in virtù delle quali si possono preannunciare scenari futuri diametralmente opposti.

Gli studi di settore condotti in Russia hanno dimostrato come negli ultimi dieci anni l’import dei vini italiani sia cresciuto nella misura del +364%.

In linea generale, i consumatori russi preferiscono la “bollicina” italiana ai vini frizzanti di provenienza francese. Il vino rosè suscita ancora uno scarso interesse, destando delle perplessità ai palati russi. Invece, la richiesta di vini fermi, sia rossi che bianchi, è costante ed è rivolta in misura uguale all’Italia e alla Spagna. Tale circostanza, tuttavia, non impedisce all’Italia di primeggiare nelle classifiche collocandosi tra i maggiori esportatori.

Invero, il dato complessivo di prodotto vinicolo esportato dall’Italia è assai incoraggiante, in quanto i litri di vino importati in Russia nell’anno 2019 e nel primo semestre del 2020 hanno superato la soglia di 69.19 milioni. Ciò a riprova del fatto che nemmeno una pandemia affievolisce l’amore della Russia per il “made in Italy”, considerato quale sinonimo di elevata qualità e pregio dei prodotti.

Purtroppo, non si può escludere che in un futuro prossimo il flusso dell’export vinicolo in Russia potrebbe subire dei rallentamenti dovuti a due fattori: da un lato, l’aumento generale dell’accisa sui prodotti vinicoli, con la conseguenza che per un consumatore medio il prezzo del vino importato risulterà incrementato del 10% e dell’altro, invece, l’entrata in vigore nel luglio 2020 di una Legge Federale volta a disciplinare la produzione vitivinicola russa coadiuvata da ingenti benefici economici e appositi fondi istituiti a favore delle imprese russe produttrici di vino locale. È di tutta evidenza che tali scelte mirino a garantire uno spazio maggiore ai produttori autoctoni e ad incentivare la crescita della produzione del vino locale.

Quanto riguarda l’Ucraina, questo Paese nell’anno 2020 ha stabilito il vero e proprio record delle importazioni dei prodotti vinicoli, il cui valore complessivo ha raggiunto 179,3 milioni di dollari. Della totalità dei prodotti vinicoli importati i vini italiani hanno rappresentato la quota del 33%, seguiti dai vini francesi.

Gli esperti del settore import-export ucraino pronosticano una ulteriore crescita di questo trend estremamente positivo. Vale, dunque, la pena di soffermarsi sulle ragioni del fenomeno in espansione.

In primo luogo, da diversi anni l’Ucraina ha ridotto lo stazionamento dei fondi statali per agevolare gli operatori del settore vitivinicolo, circostanza che ha determinato un netto calo della produzione. Invero, nell’anno 2019 la raccolta dell’uva è diminuita di 97.000 tonnellate rispetto all’anno precedente, comportando di conseguenza la diminuzione della produzione vinicola interna.

In secondo luogo, l’Ucraina, strizzando l’occhio all’Unione Europea, a partire dal 1° gennaio 2021 per i prossimi sette anni ha abolito i dazi doganali sui vini importati dall’Europa.

Da qui presumibilmente conseguirà il deprezzamento del vino importato che, pertanto, diventerà accessibile a tutti i consumatori e ne aumenterà la richiesta in spregio al prodotto locale.

Dalla breve analisi sopra riporta si può facilmente intuire il futuro evolversi dei due mercati presi in considerazione.

Pertanto, si ritiene importante, evidenziare quanto possa essere determinante un preventivo studio del Paese e della Sua politica interna prima di effettuare investimenti nel mercato di riferimento.

È possibile concludere che, nonostante gli ostacoli che gli esportatori italiani potrebbero trovarsi ad affrontare nella commercializzazione dei vini italiani, i mercati dei Paesi dell’Est Europa, in particolare della Russia e dell’Ucraina, costituiscono una grande opportunità di investimento per il “made in Italy” vitivinicolo.

Avv. Silvia Guidi                                                                                                                                                Avv. Olga Manservigi Kichitskaia

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