Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare
Il racconto della recentissima sentenza della Corte di Cassazione che conferma il confine, labile ma fondamentale, tra delitto di frode in commercio e illecito amministrativo. In un caso relativo a un’eccellenza nazionale: i prosciutti D.O.P. San Daniele.
Indice
1) Introduzione: navigare nelle complessità del diritto alimentare
2) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la storia
3) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la difesa e la decisione del Tribunale
4) Il ricorso e la posizione dell’accusa
5) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la sentenza della Cassazione
6) Strategie per Produttori D.O.P.: come assicurare la conformità nella produzione
7) Conclusioni operative: l’essenzialità di un’adeguata consulenza legale
- 1) Introduzione: navigare nelle complessità del diritto alimentare
La produzione di prodotti alimentari a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) comporta una grande responsabilità per le aziende. Devono garantire la massima qualità, rispettare i disciplinari di produzione e soddisfare standard igienici rigorosi.
In questo contesto complesso, si colloca la linea sottile che, in alcuni ambiti specifici, corre tra il reato e l’illecito amministrativo, e questo può complicare ulteriormente la situazione legale delle aziende.
La recente sentenza della Corte di Cassazione che ha puntualizzato la distinzione tra frode in commercio e illecito amministrativo offre un’importante lezione su come gestire queste complessità.
L’articolo 515 del codice penale disciplina il delitto di frode in commercio, punendo la vendita di prodotti che hanno caratteristiche diverse da quelle dichiarate. L’articolo 517-bis introduce un’aggravante quando la frode coinvolge alimenti protetti da denominazioni protette.
Tuttavia, non sempre queste norme sono applicabili; almeno non quando il prodotto non è stato effettivamente alterato: è questo il cuore della pronuncia della Suprema Corte cui si accennava sopra.
2) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la storia
La protagonista della vicenda è un’ azienda produttrice di prosciutti D.O.P. San Daniele.
Tutto inizia con un controllo da parte delle autorità sanitarie, che scoprono l’uso di insetticidi nebulizzati nella sala di stagionatura dei prosciutti. Questo trattamento è vietato per l’uso su alimenti, e si teme possa aver contaminato il prodotto.
Il Tribunale di Udine si trova a dover valutare la situazione e stabilire se si tratta di un reato di frode in commercio o di un illecito amministrativo. Gli imputati, dirigenti aziendali, sono accusati di aver venduto prosciutti non conformi al disciplinare di produzione D.O.P. San Daniele e alle norme igienico-sanitarie.
Il prestigio della denominazione coinvolta, ovviamente, aggrava la vicenda.
Il Giudice friulano decide: assoluzione. Il fatto non ha rilievo penale, ma costituisce solo un illecito amministrativo.
3) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la difesa e la decisione del Tribunale
La difesa dell’azienda sostiene che le analisi condotte sui prosciutti non abbiano trovato contaminazioni effettive. Inoltre, il prodotto finale rispettava le caratteristiche del disciplinare D.O.P., che definisce le qualità dei prosciutti San Daniele. Questo contraddice l’accusa di frode, poiché il prodotto consegnato non era alterato in modo significativo.
Il Tribunale di Udine condivide, nella sostanza, queste argomentazioni difensive e conclude che la violazione riscontrata non costituisce frode in commercio. L’utilizzo degli insetticidi, infatti, viola effettivamente i regolamenti europei in materia di igiene, ma non modifica le caratteristiche dei prosciutti. Di conseguenza, il Tribunale stabilisce che la violazione rientra nell’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 193/2007, che disciplina gli illeciti amministrativi relativi all’igiene alimentare.
4) il ricorso dell’Accusa
La Pubblica Accusa interpone ricorso per Cassazione contro la sentenza del Tribunale, sostenendo che il caso dovrebbe essere considerato frode in commercio ai sensi degli articoli 515 e 517-bis c.p.
Il PM afferma che, avendo utilizzato insetticidi nella sala di stagionatura, l’impresa abbia messo in commercio prosciutti che non rispettano il disciplinare D.O.P. e che sono potenzialmente contaminati. Il pubblico ministero sostiene che le violazioni del disciplinare e delle norme igieniche costituiscano una frode verso i consumatori, e che questi prodotti siano diversi da quelli che i clienti si aspettano.
A conferma di questa impostazione, per l’Accusa l’aggravante prevista dall’articolo 517-bis c.p. è stata introdotta proprio per proteggere i prodotti a denominazione protetta come i prosciutti San Daniele, e per questo la sua applicazione sarebbe giustificata in questo caso.
5) Frode in commercio e illecito amministrativo nel diritto alimentare: la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del PM e ha confermato la decisione del Tribunale di Udine. Secondo la Corte, gli articoli 515 e 517-bis c.p. si applicano solo quando il prodotto è stato modificato per origine, qualità o quantità. Nel caso oggetto di giudizio, il prodotto finale rispettava le norme del disciplinare D.O.P., quindi non c’era frode in commercio.
La violazione riguarda le norme igieniche, che rientrano nell’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 193/2007. Questo decreto, che recepisce le normative europee CE n. 852/2004 e 853/2004, prevede sanzioni amministrative pecuniarie per chi non rispetta gli standard di igiene. Tuttavia, non configura un illecito penale.
La sentenza chiarisce come la distinzione tra reato e illecito amministrativo sia spesso sottile. Nel caso in esame, in conclusione, sebbene l’uso di insetticidi rappresenti una violazione delle norme igieniche non era stata riscontrata contaminazione e il prodotto aveva mantenuto, nella sostanza, tutte le qualità dichiarate dal produttore. Di conseguenza, il consumatore non aveva subito alcuna frode.
6) Strategie per Produttori D.O.P.: come assicurare la conformità nella produzione
La sentenza della Corte di Cassazione rappresenta un utilissimo promemoria per i produttori D.O.P. sull’importanza di rispettare i disciplinari di produzione e le norme igieniche. Le aziende devono sviluppare un sistema di gestione della qualità rigoroso, che includa audit regolari per assicurare che i prodotti siano conformi alle normative.
- Piani HACCP personalizzati: i produttori dovrebbero sviluppare piani HACCP che rispondano alle esigenze specifiche del loro prodotto e del loro processo di produzione. Questi piani dovrebbero includere una gestione dettagliata e adeguata dei rischi.
- Audit interni ed esterni: le aziende dovrebbero condurre audit interni per identificare i punti deboli nel loro sistema di gestione. Gli audit esterni, invece, forniscono una visione indipendente delle pratiche dell’azienda.
- Formazione del personale: la formazione regolare del personale è essenziale per garantire che tutti comprendano le migliori pratiche di produzione e igiene.
- Gestione delle sostanze chimiche: gli insetticidi e altre sostanze chimiche dovrebbero essere gestiti con cura e utilizzati in conformità con le normative. La disinfestazione deve essere effettuata da personale qualificato, e gli alimenti devono essere protetti.
- Collaborazione con esperti legali: le aziende dovrebbero lavorare a stretto contatto con esperti legali qualificati per assicurarsi che i loro prodotti rispettino le leggi. Questo aiuterà a prevenire sanzioni e problemi di reputazione.
7) Conclusioni operative: l’essenzialità di un’adeguata consulenza legale
La sentenza della Corte di Cassazione, come già sottolineato, evidenzia l’importanza per i produttori D.O.P. di gestire attentamente i propri processi di produzione e garantire la conformità alle norme igieniche e sanitarie. Una gestione rigorosa del rischio può prevenire problemi legali e mantenere la reputazione dell’azienda.
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17\5\2024
Avv. Stefano Palmisano
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