Furto di olive: la battitura aggrava il reato


Una recente e pronuncia della Cassazione ha punito, anche piuttosto severamente, dei ladri di olive, rei di aver battuto degli alberi di ulivo per raccogliere la refutiva.

Tale tecnica di raccolta comunemente utilizzata in ambito agricolo è stata curiosamente qualificata dai giudici del “palazzaccio” come furto aggravato dall’utilizzo di violenza sulle cose.

Gli alberi di ulivo, per l’appunto!

Vediamo il perché.

INDICE

IL FATTO: IL FURTO DI OLIVE CON LA BATTITURA

LA DIFESA: LA BATTITURA COME TECNICA DI RACCOLTA E NON VIOLENZA

LA DECISIONE: L’ESPOSIZIONE ALLA PUBBLICA FEDE DELLE OLIVE

E IL FURTO COMMESSO CON VIOLENZA SUGLI ALBERI DI ULIVO

 

IL FATTO: IL FURTO DI OLIVE CON LA BATTITURA

I due imputati erano stati rinviati a giudizio e successivamente condannati, sia in primo che in secondo grado, per il reato di furto aggravato, essendosi impossessati di un ingente quantitativo di olive, sottraendole al proprietario del fondo dove insistevano gli alberi.

LA DIFESA: LA BATTITURA COME TECNICA DI RACCOLTA E NON VIOLENZA

Gli uomini, ricorrendo in Cassazione, si erano difesi sostenendo che il furto, in realtà, non fosse stato consumato ma, tutt’al più, solo tentato, poiché le olive, raccolte in grossi sacchi, erano state rinvenute dai militari intervenuti ancora sul terreno di proprietà della persona offesa che, dunque, secondo la prospettazione difensiva, non ne avrebbe mai effettivamente perso la disponibilità e il possesso.

Peraltro, sempre secondo la tesi difensiva, era emerso durante il processo che i militari intervenuti fossero stati chiamati proprio dal proprietario del fondo che, dunque, si era accorto sin da subito di ciò che stava accadendo sul proprio terreno e, pertanto, tutta l’azione si sarebbe svolta sotto il suo controllo: ragion per cui il furto non si sarebbe mai effettivamente consumato.

Quanto poi alla contestazione dell’aggravante di aver commesso il reato esercitando violenza sulle cose1, la difesa degli imputati aveva sostenuto che tale circostanza fosse insussistente poichè le olive erano state prese con la tecnica della “battiutura”2 degli ulivi.

Tale metodo, lungi dall’essere qualificabile come violenza, è notoriamente una particolare forma di raccolta manuale delle olive.

LA DECISIONE: L’ESPOSIZIONE ALLA PUBBLICA FEDE DELLE OLIVE

Ebbene, la Suprema Corte con la sentenza3 in commento ha rigettato tutte le eccezioni difensive confermando la condanna degli imputati per il reato di furto, peraltro pluriaggravato.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, il furto si consuma quando il soggetto agente, dopo aver sottratto il bene al legittimo proprietario, se ne impossessa acquisendone la piena e autonoma disponibilità ed eluda, perciò, ogni forma di controllo.

Se, invece, la cosa non esce dalla sfera di sorveglienza del suo proprietario o possessore e, quindi, egli possa ancora recuperarla o ne continui ad esercitare il controllo, allora il furto rimane allo stadio del tentativo e non può dirsi consumato.

Ciononostante, la possibilità da parte del detentore di recuperare la refurtiva dipende anche dalla natura del bene sottratto e dallo specifico contesto ove avviene la condotta di sottrazione poiché quando, come nel caso di specie, il bene non sia sotto la costante vigilanza del proprietario ma sia affidato al comune senso di responsabilità della collettività, esso è esposto alla pubblica fede4 e per sottrarlo non occorre eludere alcun strumento di tutela o controllo.

In tali circostanze, dunque, l’impossessamento si perfeziona in qualsiasi condotta che comporti l’esercizio, seppur limitato ad un breve lasso temporale, di un autonomo potere di disposizione del bene.

Proprio come quello posto in essere dai due imputati che avevano raccolto le olive dagli alberi, benchè fossero stati colti ancora nel terreno e con le mani nei sacchi ove avevano riposto la refurtiva.

… E IL FURTO COMMESSO CON VIOLENZA SUGLI ALBERI DI ULIVO

Non solo: nel particolare caso dei ladri di olive, la Cassazione ha anche ritenuto che il furto da loro compiuto fosse aggravato anche dalla circostanza di aver esecitato violenza sulle cose.

Essa, infatti, sussiste ogni qual volta il ladro usi energia fisica per commettere il reato provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o, comunque, determinandone il mutamento della destinazione di uso.

I due imputati, in particolare, per accellerare i tempi di raccolta avevano “battuto” gli alberi di ulivo, utilizzando la forza fisica e finendo per causare la rottura di alcuni rami, rinvenuti recisi sul terreno: quindi, usando violenza!

Avv. Anna Ancona

1 In particolare, l’art. 625, comma 1, n. 2, c.p. prevede che la pena del furto sia aumentata quando “il colpevole usa violenza sulle cose o si avvale di un qualunque mezzo fraudolento”.

2 Anche definita “bacchiatura” essa consiste nel metodo tradizionale di raccolta delle olive e prevede l’uso manuale di una verga o un bastone, chiamati trappe, da parte di uomini, anche detti bacchiatori, i quali scuotendo i rami dell’albero fanno cadere le olive nelle stuoie sottostanti.

3 Corte Cassazione, V sezione penale, 14 luglio 2022, n. 36022.

4 La circostanza aggravante dell’esposizione della cosa rubata alla pubblica fede è prevista dall’art. 625, comma1, n. 7) c.p.

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