Glifosato e governo austriaco – Errori tecnici e volontà politiche
Questo post avrebbe dovuto commentare una lieta novella: un Paese, in Europa, dichiarava formalmente ospite non più gradito, anzi non più tollerato, il glifosato, quella nobile sostanza erbicida che si è coperta di gloria ambientale e sanitaria su tutto l’orbe terracqueo.
La conquista ecologica si dava già per realizzata: dal 1 gennaio 2020 (quindi, fra poco più di due settimane), sarebbe entrata in vigore nel cuore della Mitteleuropa la legge di bando al primo “ingrediente” del celeberrimo Roundup votata dal Parlamento Austriaco nel giugno scorso, come abbiamo avuto modo di mettere in evidenza, a suo tempo, su questo blog.
La notizia era data per certa anche dal sito di Slow Food, non proprio l’ultimo arrivato in queste materie, che esultava per il divieto e auspicava che il passo austriaco fosse di esempio per il resto d’Europa.
Ebbene, durante l’ultima consultazione del web prima della redazione di questo pezzo alla ricerca di commenti e ulteriori notizie, è emerso un radicale errata corrige: la Cancelliera austriaca Brigitte Bierlein ha annunciato che il governo non applicherà il provvedimento di bando votato dall’Assemblea parlamentare; una clamorosa inversione di rotta.
Ma ancor più abnorme è il motivo che è dato leggere sulle fonti che si possono reperire in rete: non sarebbe stata seguita correttamente la relativa procedura di notifica alla Commissione europea. Un banale errore “burocratico”, quindi.
Ora, le stesse fonti, nonché i dettagli, anche tecnico – giuridici, di questa notizia sono ancora assai scarsi, almeno per quanto riguarda chi scrive.
Quindi, ci si guarderà bene dall’avventurarsi in disamine più di tanto approfondite.
Se la notizia, però, nella sostanza dovesse risultare confermata, saremmo in presenza di una prestazione dello Stato austriaco, nel suo complesso, assai poco consono ai noti standard di efficienza asburgica.
Tanto eccentrici da far sorgere più di un dubbio anche in chi, come chi scrive, risulta clinicamente allergico a ogni sorta di complottismo, cospirazionismo e analoghe psicopatologie della vita quotidiana, social e no.
Quindi, potremmo metterla così: il glifosato deve essere davvero una sostanza parecchio fortunata.
Poco più di due anni fa, durante la procedure di rinnovo dell’autorizzazione all’uso dello stesso erbicida, l’agenzia federale tedesca per la valutazione dei rischi (BfR) – nella stesura del suo parere finale in ordine alla domanda di rinnovo presentata dai produttori (tra cui la fu Monsanto, oggi Bayer) – incorse in un curioso infortunio: le scappò, accidentalmente, un autentico copia – incolla di alcuni studi prodotti dalle stesse industrie a fondamento della loro richiesta.1
Oggi, le autorità austriache danno vita a una perla di buon governo, per non dire di buona amministrazione, come quella su citata, addirittura nei confronti dell’Unione Europea; come se fossero normali funzionari di un paese mediterraneo.
Con il risultato di garantire ai padroni del glifosato ancora anni di proficuo inquinamento della terra e dell’acqua della verde Austria; la nazione con la più alta percentuale di superficie agricola destinata al biologico in Europa, detta per inciso.
In queste situazioni, non si sa mai cosa sperare: che sia dolo o “solo” sciatteria; in questo caso, assai poco germanica.
Come che sia, con grande probabilità, il glifosato pare comunque destinato a togliere il disturbo dai campi e dal cibo europei – e forse anche nordamericani – in tempi più o meno ravvicinati.
Ma vicende come quella che si è commentata in questo articolo inducono a pensare che, se questo accadrà, non è affatto escluso che accada soprattutto grazie a quanto emergerà nelle aule di giustizia; o, per essere più precisi, grazie all’onda di cause, condanne e risarcimenti dalla quale la Bayer – che ha incorporato la Monsanto, la celebre multinazionale che ci vuole bene – rischia di essere travolta. Come è già accaduto per tre volte negli Stati Uniti nell’ultimo anno e come potrebbe succedere in Canada, più o meno a breve, dove è partita la prima class action delle vittime del glifosato contro le su citate corporations.
In tal caso, sarebbero i magistrati, ancora una volta, a garantire effettivamente la tutela della salute pubblica e dell’ambiente.
Non i governi e i parlamenti.
Per non dire, contro i governi e i parlamenti, o almeno le maggioranze parlamentari.
Una dinamica non proprio nuova, da queste parti.
Sarebbe un modo per ridurre le distanze tra Italia ed Europa.
Ci sarebbero modi migliori.
1E’ emerso da una relazione commissionata poco tempo fa da alcuni europarlamentari a un gruppo di esperti indipendenti in ordine alla procedura per il rinnovo dell’autorizzazione del glifosato conclusasi nel dicembre 2017. Ma la vicenda peraltro, era già stata ampiamente anticipata dal Guardian nel settembre 2017. Quindi, addirittura prima che venisse definita la stessa procedura autorizzatoria. Conclusasi, poi, curiosamente, con la concessione del rinnovo della licenza, da parte della Commissione Europea, per altri cinque anni.
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