Il sovrabbondante utilizzo di candeggina per la sanificazione è un rischio per l’ambiente


È risaputo ormai che l’ipoclorito di sodio (componente principale della candeggina), utilizzato su superfici destinate a venire a contatto con le mani possa svolgere un’efficace azione preventiva contro la diffusione del COVID-19.

L’ipoclorito di sodio, tuttavia, è una sostanza inquinante, che nel tempo può contaminare le falde acquifere, direttamente o attraverso i suoi prodotti di degradazione.

L’introduzione di sostanze inquinanti, che possono danneggiare o distruggere le diverse funzioni del suolo, anche in concentrazioni molto basse, è pericolosa sia per la salute umana che per l’ambiente. La presenza contemporanea di più contaminanti, inoltre, può determinare effetti di interazione ed amplificare l’effetto negativo. La contaminazione del suolo da fonti diffuse è principalmente associabile a deposizioni atmosferiche (emissioni dell’industria, traffico veicolare, impianti di produzione energetica e di trattamento dei rifiuti ecc.) come alla dispersione in agricoltura di fitofarmaci, fertilizzanti, liquami zootecnici e fanghi di depurazione.

L’uso di ipoclorito di sodio per la disinfezione delle strade porta ad un aumento di sostanze pericolose nell’ambiente. In più, un utilizzo massivo potrebbe nuocere alla qualità delle acque superficiali (arrecando un danno alla vita negli ambienti acquatici) e alla qualità delle acque sotterranee, se le acque di scolo non sono convogliate negli impianti di depurazione.

Diverse agenzie, tra le quali l’ARPA Piemonte, si sono già pronunciate negativamente circa l’eventualità di procedere all’uso massivo ed indiscriminato dell’ipoclorito di sodio per la disinfezione delle strade, considerando questa pratica dannosa per l’ambiente se non opportunamente gestita.

L’Istituto Superiore di Sanità ha fornito indicazioni generali sulla disinfezione degli ambienti esterni e sull’utilizzo di disinfettanti come l’ipoclorito di sodio su superfici stradali e pavimentazione urbana, per la prevenzione della trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2.

Nel parere, l’ISS valuta la disinfezione effettuata con ipoclorito di sodio quale misura la cui utilità non è accertata, in quanto non esiste, allo stato, alcuna evidenza che le superfici calpestabili siano implicate nella trasmissione del CoViD-19.

Consiglia invece di effettuare la pulizia delle strade tramite saponi e detergenti convenzionali.       

L’ISS sottolinea poi che esistono informazioni contrastanti circa l’utilizzo dell’ipoclorito di sodio e la sua capacità di distruggere il virus su superfici esterne e in aria: “l’efficacia delle procedure di sanificazione per mezzo dell’ipoclorito di sodio su una matrice complessa come il pavimento stradale non è estrapolabile in alcun modo dalle prove di laboratorio, condotte su superfici pulite.”

Non è nascosta, anzi, la pericolosità della sostanza. “L’ipoclorito di sodio” si legge ancora nel parere “in presenza di materiali organici presenti sul pavimento stradale, potrebbe dare origine alla formazione di sottoprodotti estremamente pericolosi, quali clorammine, trialometani e altre sostanze cancerogene volatili. Non è inoltre possibile escludere la formazione di sottoprodotti pericolosi non volatili che possono contaminare gli approvvigionamenti di acqua potabile.”

Nonostante la sua contrarietà, l’ISS illustra come utilizzare questa sostanza in modo corretto, così da minimizzarne i rischi. Nel Rapporto COVID-19 n.7/2020 consiglia di utilizzare soluzioni di ipoclorito di sodio allo 0,1%, dopo pulizia con acqua e un detergente neutro, “per la pulizia stradale limitata a interventi straordinari e su aree circoscritte, assicurando comunque misure di protezione per gli operatori e la popolazione esposta”.

Martina Novelli

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