Il vino e il suo ambiente – Dalle nuove certificazioni ambientali alle serate dedicate al vino sostenibile


HVE (Haute Valeur Environnementale – Alto valore ambientale): dalla Francia, che in ambito enoico di solito rappresenta parecchio, arrivano notizie di uno degli ultimi “ritrovati” in materia di certificazioni ambientali per il vino.

Sarebbe una sorta di alternativa più blanda alla certificazione biologica ufficiale – quella della fogliolina verde, disciplinata dalla regolamentazione europea, per capirci – dato il successo sostanzialmente limitato che il bio vero e proprio avrebbe riscosso tra i vignerons secondo l’opinione di taluni di loro: quelli che, poi, hanno dato vita a questo nuovo marchio di sostenibilità del vino.

In realtà, le perplessità su questo metodo, in termini di effettiva garanzia di sostenibilità dei suoi parametri, paiono serie e cospicue, se solo si pone mente alle affermazioni di un noto enologo francese, riportate nell’articolo, secondo il quale “dati i criteri HVE, quasi l’80% dei viticultori è in grado di ottenere l’etichetta.

Come che sia, la proliferazione di marchi, etichette, certificazioni di sostenibilità ambientale in ambito vitivinicolo costituisce ulteriore dimostrazione dell’attenzione che, ormai, una grande parte del mondo produttivo riserva a questi strumenti; c’è da supporre non solo per sensibilità ecologica dei produttori in questione, ma perché, com’è ormai noto, questo tipo di ecocredenziali di un prodotto – specie di un prodotto come il vino – costituisce un valore aggiunto – “civile”, salutistico… – sempre più attraente per i consumatori e, quindi, un propulsore commerciale sempre più gettonato tra i produttori.

Come si è già avuto modo di mettere in evidenza su questo blog, il vino riveste ormai un posto di notevole importanza nel più complessivo, fondamentale ruolo dell’attività agricola in relazione ai cambiamenti climatici e, più in generale, allo stato – di salute o di malattia – delle matrici ambientali di un dato territorio.

Questo sia sulla scorta dell’impatto sempre più consistente dei vigneti in determinate aree, sia, più in generale, per il peculiarissimo valore simbolico di questo prodotto agricolo.

Anche per questo, il vino è particolarmente (e comprensibilmente) sottoposto alla pressione “ambientalista” di pezzi crescenti di mercato cui si faceva cenno sopra, che sta producendo l’esplosione di “labelling” di sostenibilità descritta.

E anche per la stessa ragione, a contrario, è oltremodo poco commendevole che il vino diventi elemento tanto impattante sull’ambiente di un territorio – nonché, forse, sulla stessa salute di chi ci vive – da diventare socialmente divisivo.

La vicenda di Conegliano e delle terre del Prosecco è, in tal senso, emblematica: una popolazione, in larghi suoi tratti, messa a durissima prova da una pratica agricola superintensiva che è stata costretta a ricorrere al corpo a corpo referendario sulla nevralgica questione pesticidi, con tutte le ovvie conseguenze di spaccatura del corpo sociale che questo comporterà.

Con buona pace, del pur apprezzabile protocollo viticolo di autoregolamentazione per la gestione sostenibile dei vigneti, adottato dal Consorzio per la tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, con il quale, dopo principi attivi come Folpet e Mancozeb, è stato messo meritevolmente messo al bando anche il glifosato.

A questo punto, per questo territorio, l’unica via d’uscita dal danno ambientale e sociale potrebbe essere costituita, a determinate condizioni, da un’idea sempre meno “visionaria” che va prendendo piede in settori sociali, nonché produttivi, sempre meno residuali: un biodistretto.

Sarebbe, peraltro, un gran bell’esempio per tante altre realtà territoriali più o meno critiche; un esempio che potrebbe godere della ineguagliabile potenza simbolica di questa bevanda.

Il vino che passa dall’essere, al contempo, vittima e carnefice della crisi climatica e, più in generale, ambientale all’essere nuovo, “persistente” paradigma di sostenibilità.

Il vino del futuro come vino essenzialmente sostenibile.

Un futuro, peraltro, già in corso, almeno nell’interesse e nelle concrete preferenze di fasce sempre più significative di bevitori.

Come dimostrano anche iniziative come quella di recente organizzata, in Puglia, da Slow Food – Piana degli ulivi – in cui chi scrive ha avuto il piacere di coordinare il convegno tra gli esperti – dedicata proprio al vino sostenibile.

Una serata partecipata e intensa, che ha dimostrato che, ormai, la sostenibilità può, deve passare anche dai posti per noi più vicini e piacevoli: tipo i nostri calici.

 

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