Il vino sostenibile: il senso, i limiti, le opportunità – Brindisi, 15 novembre 2019
“Suscettibile di essere mantenuto con sollecitudine o impegno. Tollerabile, sopportabile: sviluppo economico s., rispettoso degli equilibri sociali ed ecologici preesistenti…” Così il Dizionario Devoto Oli della lingua italiana alla voce “sostenibile”.
Se, invece, si cerca il termine francese corrispondente, si trova “durable”, che sembra echeggiare più l’aggettivo italiano “durevole”, o comunque pare evocare una capacità di continuità, di proseguibilità nel tempo. In ogni caso, un’altra impostazione pregnante al concetto di sostenibilità.
La prima locuzione che il Devoto Oli fornisce a titolo di esempio dell’aggettivo “sostenibile” è, dunque, “sviluppo sostenibile”, comprensibilmente data la sua diffusione su scala planetaria e la sempre più stringente sensibilità al tema da parte di soggetti e settori sociali vieppiù crescenti.
Nel 1972, veniva pubblicato “I limiti dello sviluppo – Rapporto [….] sui dilemmi dell’umanità”, il testo commissionato dal Club di Roma al MIT (Massachusetts Institute of Technology) che può legittimamente essere considerato uno dei documenti fondativi del concetto di sviluppo sostenibile (il titolo del rapporto era, più precisamente, “The limits to Growth”, I limiti alla crescita, e rendeva assai meglio il senso; ma è ormai universalmente conosciuto come su indicato).
Nell’introduzione, si legge: “L’umanità non può continuare a proliferare a ritmo accelerato, considerando lo sviluppo materiale come scopo principale, senza scontrarsi con i limiti naturali del processo, di fronte ai quali essa può scegliere di imboccare nuove strade che le consentano di padroneggiare il futuro, o di accettare le conseguenze inevitabilmente più crudeli di uno sviluppo incontrollato.”
Il concetto centrale dell’analisi era, dunque, quello di limite: la sostenibilità collegata in modo inscindibile al – se non proprio fondata sul – senso del limite.
Il vino postula per sua natura il concetto di limite, ossia impone un approccio sostenibile a se stesso; almeno qualora se ne voglia fare un uso responsabile.
Fino a non molto tempo fa, i limiti, la sostenibilità e la responsabilità del vino, ossia nel bere, erano riferiti, nel sentire comune, solo ai potenziali effetti nocivi derivanti alla salute dei bevitori da un uso “illimitato”, quindi insostenibile e irresponsabile.
Ma il concetto di sostenibilità riferito al vino è sottoposto oggi a un’interpretazione assai più ampia, ariosa: quella che si riferisce al rispetto degli equilibri ecologici, o quantomeno a un impatto meno pesante sulle matrici ambientali e sulla salute umana.
Insomma, neanche il vino poteva restare immune da quella che è diventata una sorta di “ondata sostenibile”, anche e soprattutto perché è tra i settori economici, e agricoli in particolare, più significativamente coinvolti dalle forme maggiormente perverse e pervasive di degenerazione ambientale, a partire dai cambiamenti climatici.
Con una caratteristica, comune peraltro a tutte le attività agricole: il vino è, al contempo, vittima e carnefice di queste dinamiche degenerative.
Da qui la necessità, sempre più pressante, che la viticultura – ma anche (seppur in forme minori) la vinificazione – adotti pratiche sempre meno impattanti sull’ambiente circostante, e dunque sulla salute pubblica.
E il mondo del vino a questo appello sta provando a rispondere, o almeno la sua componente culturalmente più avanzata e civilmente più responsabile: in forme, contesti e obiettivi assai differenti da caso a caso, ma con il comune denominatore di provare a far rientrare le attività di coltivazione della vite e di produzione del vino nel più ampio scenario dell’agricoltura rigenerativa, e più in generale dell’economia ecologicamente virtuosa.
Ne sta venendo fuori un “ecosistema” economico e culturale al suo interno molto “biodiverso” (e non potrebbe essere diversamente), nel quale si sono radicate ormai due componenti tra loro più o meno nettamente separate a seconda delle situazioni e degli attori della vicenda: il vino biologico e il vino “naturale”.
Di sostenibilità e di agroecologia, di vino biologico e di vino naturale, di limiti e di opportunità e di vari altri temi a questi connessi discuteremo domani, 15 novembre, a Brindisi in un convegno interdisciplinare. Lo faremo con il supporto delle scienze: quella agronomica, quella economica, quella giuridica.
Sarà un momento di studio, di approfondimento, di divulgazione, di dibattito.
Tutto quello che serve a far crescere la conoscenza e la responsabilità su materie che sono ormai acquisite come quelle fondamentali per la stessa sopravvivenza del pianeta come lo conosciamo.
Un calice di vino, ormai, deve incorporare anche questo tipo di consapevolezza; dovrebbe essere valutato anche per il suo impatto sull’ambiente.
Un calice di vino sostenibile, almeno.
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