La tutela penale delle DOP \ IGP
Nel 2009 è stato introdotto nel codice penale un nuovo reato teso a garantire una specifica tutela ai prodotti agroalimentari a indicazione geografica o denominazione di origine: quello previsto dall’art. 517 quater.
Il delitto in questione punisce anzitutto “chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari”.
La prima, e finora unica, sentenza della Cassazione che si sia occupata in maniera organica di questo illecito penale è del 2016.
La Suprema Corte ha affermato, nella sentenza in questione, principi interpretativi di grande importanza sul conto di questa figura di reato.
Il procedimento penale vedeva come imputato un produttore di vino che aveva indicato nelle etichette apposte su alcune bottiglie di vino, destinate al mercato danese, la presenza dei vitigni corvino, croatina e rondinella, poi risultati assenti.
La Cassazione, nel confermare sostanzialmente (tranne che per un profilo) la sentenza che era stata impugnata, ha sancito che: 1) questa norma penale non richiede che le indicazioni fallaci siano idonee ad ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzata a proteggere l’interesse dei produttori titolati ad utilizzare le predette indicazioni o denominazioni; 2) né esige che l’origine del prodotto sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. n. 30 del 2005, attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può pertanto integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 cod. pen.
Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, tuttavia, non era possibile contestare il reato in questione dato che il vino su cui era stata apposta l’etichetta fallace non era qualificato come DOP o IGP, e il reato stesso tutela solo i vini a denominazione d’origine o indicazione geografica, non i vitigni a base di questi ultimi.
Questo non ha impedito, però, che al produttore di vino in questione venisse contestato, al posto del reato di cui all’art. 517 quater c.p., quello di tentativo di frode in commercio, previsto dall’art. 515, data la diversa composizione del vino detenuto per il commercio dall’imputato rispetto a quanto indicato nelle etichette.
Fatto, questo, certamente idoneo a costituire un tentativo di frode in commercio.
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