L’abbattitore mancato, il congelamento scorretto, l’ordine alimentare violato


Un commerciante viene condannato per aver detenuto per la vendita alimenti congelati in cattivo stato di conservazione: la Cassazione conferma la sentenza.

Nella vita, essere ordinati è importante. Ma se si riveste un ruolo da operatore del settore alimentare (OSA), diventa fondamentale. In caso contrario, ci sono seri rischi di incappare in una condanna penale.

Indice

  1. Alimenti in cattivo stato di conservazione lo prova l’assenza di un abbattitore. Ma non solo

  2. L’ordine alimentare come bene giuridico: la Cassazione ripete il concetto

    Alimenti in cattivo stato di conservazione: lo prova l’assenza di un abbattitore. Ma non solo

Lo ha ribadito di recente la Corte di Cassazione confermando la sentenza di condanna di un commerciante di alimenti imputato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione. La decisione in questione è basata anche – ma non solo, come si vedrà – sul mancato utilizzo da parte del commerciante di un abbattitore per garantire un corretto congelamento degli alimenti; perché in questo modo, secondo i Giudici del Palazzaccio, si determina un pericolo di deterioramento dell’alimento, dunque di danno all’ordine alimentare.

L’imputato aveva provato a difendersi argomentando la sostanziale superfluità dell’abbattitore ai fini di un corretto procedimento di surgelazione degli alimenti in questione.

Ma la Corte ha rigettato il ricorso sulla base di una complessiva ricostruzione della vicenda e della condotta dell’imputato: alimenti congelati non correttamente conservati (su alcuni di essi tracce di brina, per altri date di scadenza superate); forme di confezionamento anonimo degli alimenti medesimi circa la natura del cibo e la data di immagazzinamento; e, solo alla fine, operazioni di congelamento effettuate senza l’impiego di un abbattitore termico.

Tutti questi elementi presenti nella sentenza del Tribunale, secondo la Suprema Corte, appaiono già di per sé idonei a rappresentare le carenti condizioni di detenzione dei cibi che fanno scattare il reato. Poiché quelle stesse condizioni potevano condurre a un’adulterazione delle sostanze alimentari o quantomeno a uno scadimento della relativa qualità.

L’ordine alimentare come bene giuridico: la Cassazione ripete il concetto

Tutto questo in conformità con il consolidato orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale il reato di detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, previsto dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, lett. b), è configurabile quando è accertato che le concrete modalità di conservazione siano idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell’alimento – senza che sia necessaria a tal fine la produzione di un danno alla salute. Questo perché quello previsto dalla legge del 1962 è un reato “di pericolo” a tutela del cosiddetto ordine alimentare; volto, cioè, ad assicurare che il prodotto giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte dalla sua natura.

L’ordine alimentare è una vecchia conoscenza, dato che ce ne siamo più volte occupati su questo blog.

Qui è solo il caso di rammentare che esso, secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, costituisce il primo bene giuridico tutelato dalla legge 283 del 1962. Anzi, da quella lunga lista di sentenze di legittimità conformi tra loro possiamo ormai ragionevolmente dedurre che esso rappresenti il cuore della “disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande” che si legge nell’epigrafe del testo del 1962.

Quello che è certo, al netto di speculazioni dottrinali più o meno pertinenti, è che l’ordine alimentare è un bene giuridico che, a quanto pare, ci vuol davvero poco a violare.

Comunque la si pensi sul punto, è un dato di fatto che bisognerà tenere in prioritaria considerazione da parte di tutti. Specie da parte di quegli OSA di cui si parlava all’inizio.

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