L’agenda per la ripartenza – Note a margine di un documento utile


Niente dovrà più essere come prima.

E’ un assunto che abbiamo iniziato a orecchiare sin dai primi giorni della nostra clausura imposta da un virus.

Perché, da subito, chi aveva appena qualche rudimentale strumento culturale e non aveva controinteressi di sorta a capire ha colto che nell’imporci quella clausura, e il correlato sconvolgimento delle nostre esistenze, il virus aveva beneficiato di una vasta e radicata rete di complicità: di vario tipo e a vari livelli, ma tutte di natura rigorosamente umana.

Quelle complicità che, in estrema sintesi, sono individuabili in un sistema globale di produzione che è essenzialmente sistema di predazione: dell’uomo sull’ambiente e dell’uomo sull’uomo.

Ormai, l’elenco è sterminato e noto ai più: dalla rottura climatica alla compromissione per inquinamento delle matrici ambientali, dallo sterminio delle foreste alla distruzione di biodiversità al mercato degli animali selvatici, per citare solo alcune delle voci più significative della lista nera.

Quel lungo elenco di prodezze consumate, in particolare negli ultimi decenni, dalla “specie più intelligente” – o almeno di tanti suoi esponenti – in danno del resto del pianeta ha molto a che fare con l’evento che ha imposto una torsione ballardiana alle nostre vite negli ultimi tre mesi; ne è una concausa a tutti gli effetti, per la precisione.

Dal riconoscimento di questo elemento, ormai non più eludibile né procrastinabile, nasce l’assunto che si citava ad inizio di questo pezzo: niente dovrà essere più come prima.

Un concetto che, agli albori della pandemia, quando l’impatto sulla nostra quotidianità è stato più destabilizzante, è riecheggiato – quasi a mo’ di impegno con gli dei in cambio di salvezza – anche da ambienti e soggetti al di sopra di ogni sospetto, per così dire. Tanto da indurre qualche lieve sospetto sulla sua genuinità e, quindi, sulla credibilità di chi lo declamava.

Oggi, qualcuno prova a riempire quella specie di mantra di qualche contenuto concreto; più precisamente, di indicazioni di misure normative da adottare al più presto, appena si allenterà la raffica di provvedimenti di urgenza, più o meno condivisibili, per fronteggiare le conseguenze sociali del Covid 19.

Due associazioni di Medici, per esempio, l’Isde – Associazione medici per l’ambiente e la Fnomceo – Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, hanno pubblicato un documento dal titolo “COVID-19: le lezioni da imparare e gli sbagli da non fare”, che si apre con un assunto non equivocabile: “Come la storia di tutte le epidemie ci ha insegnato, per combattere il COVID-19 è indispensabile tenere insieme la tutela della salute e quella dell’ambiente.

Da questa impostazione di fondo, discende un’analisi più dettagliata del rapporto tra la pandemia – nella sua genesi e nei suoi effetti sociali – e lo stato sia dei servizi sanitari, e dunque dell’effettività del diritto alla salute, sia dell’ambiente e degli ecosistemi.

Nel capitolo finale dell’appello, gli autori si soffermano sul “cosa dovremmo fare per ripartire”.

Anche qui il periodo di apertura è riassuntivo dell’analisi di dettaglio che segue: “ripensare il sistema economico e produttivo, riducendo drasticamente l’aggressione all’ambiente e riequilibrando l’utilizzo delle risorse e delle ricchezze.

Il testo si chiude con l’indicazione di quelli che, negli auspici degli estensori, dovrebbero essere “chiari segnali di una presa di consapevolezza e della volontà di inversione di tendenza” costituiti “dall’approvazione della legge sull’agricoltura biologica da tempo ferma in Senato, da quella sul blocco totale del consumo di nuovo suolo, dall’adeguata tutela del patrimonio forestale e boschivo (“il polmone verde” del paese), dalla moratoria sull’implementazione di tecnologie digitali non ancora adeguatamente testate.

Sono pienamente apprezzabili sia l’analisi che le proposte presenti.

Anche e soprattutto perché, sono corroborate tutte da principi ormai acquisiti nei nostri ordinamenti giuridici di riferimento: quello nazionale e quello unionale.

Il testo è meno apprezzabile per alcune questioni che, invece, qui brillano per la loro assenza: dalla legge di riforma dei reati agroalimentari alla ridotta tutela legale, e penale in particolare, dall’uso e soprattutto dall’abuso di pesticidi. Temi che pure hanno parecchio a che vedere con quello dell’agricoltura biologica espressamente citato nella lista del “che fare” descritta dalle due associazioni.

Nel primo caso, dopo la predisposizione di un dettagliato testo di riforma (di cui ci siamo più volte occupati su questo e su altri blog) da parte di una commissione appositamente nominata a tal fine, presieduta da Giancarlo Caselli, sono passati quasi quattro anni e mezzo prima che esso diventasse un embrione di provvedimento legislativo, con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri di un disegno di legge meno di tre mesi fa che ha avviato l’iter parlamentare; il quale, peraltro, si profila tutt’altro che liscio come l’olio.

Quanto, invece, al tema pesticidi, come abbiamo già messo in evidenza in passato in varie sedi, l’attuale quadro normativo, nei suoi due testi principali di riferimento (il Decreto Legislativo 14 agosto 2012, n. 150, in materia di “Attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi”, e il Decreto Legislativo 17 aprile 2014, n. 69, “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1107/2009 relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari”), non prevede alcuna autonoma sanzione penale.

Con la bozza di Piano d’azione nazionale – presentata e discussa dalle varie parti sociali ormai vari mesi fa e oggi sfuggita ai radar (sulla pagina del Mipaaf l’ultimo “aggiornamento” sul punto risale al 31\7\2019, quando si comunicava la “apertura della consultazione”) – che recepisce appieno questa linea di tendenza, fino a manifestare una vera e propria idiosincrasia al concetto stesso di sanzione, come pure si è avuto modo di rimarcare.

Insomma, un documento utile ma lacunoso, quello di Isde e Fnomceo; proprio sulle cose da fare per ripartire. Con una diversa destinazione di marcia, s’intende.

Ma sono lacune che si possono colmare, ci si augura.

 

 

 

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