L’amianto fa male: anche ai sindaci che non intervengono per rimuoverlo – Lo dice la Cassazione
L’amianto viene definito materiale “ubiquitario”: perché era usato per millanta usi e si trovava, e si trova ancor oggi, praticamente dappertutto.
Specie quando è abbandonato – ma non solo – costituisce una grave minaccia per l’ambiente e per la salute pubblica.
Soprattutto perché anche in questa veste – le famigerate lastre Eternit – è diffusissimo, nonché particolarmente degradato, come si può notare facilmente facendo un semplice giro per le campagne di varie zone d’Italia.
L’amianto abbandonato crea precisi e stringenti obblighi di rimozione, in capo a vari soggetti.
Uno dei quali è il sindaco.
E quando gli obblighi gravanti su questa figura vengono violati, scatta il reato e, quindi, la pena.
Lo ha confermato pochi giorni fa la Corte di Cassazione pochi giorni fa.
La Corte di Appello di Milano confermava la condanna del primo cittadino di un comune lombardo per il reato di omissione di atti d’ufficio, “per avere, a fronte di reiterate denunce di organi pubblici nonché di privati cittadini, ivi compresi la costituita parte civile ed il proprietario dell’area interessata, nell’arco temporale durato alcuni anni (maggio 2010-marzo 2014), omesso di assumere qualunque iniziativa atta ad imporre a quest’ultimo lo smaltimento di lastre di eternit (amianto) accatastate alla rinfusa ed all’aperto su di un terreno; iniziativa, invece, immediatamente assunta dal Sindaco subentrante mediante emissione di un’ordinanza contingibile e urgente che, tempestivamente ottemperata dall’obbligato, determinava la cessazione del pericolo di contaminazione delle aree territoriali limitrofe.”
L’imputato ricorreva per Cassazione articolando una serie di motivi di natura eminentemente processuale.
La Suprema Corte rigetta il ricorso in quanto infondato (Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-11-2019) 16-01-2020, n. 1657).
Tra le varie affermazioni dei Giudici del Palazzaccio, due meritano particolare attenzione.
Anzitutto, per la Corte, a fronte delle reiterate richieste di intervento che aveva ricevuto il sindaco, “nella fattispecie considerata il reato si è consumato ogni volta che l’imputato ha rifiutato di intervenire a fronte di formali sollecitazioni prospettanti la sussistenza di quella particolare situazione concreta (la presenza di rifiuti di amianto accatastati a cielo aperto in prossimità di abitazioni limitrofe) che rendeva indifferibile l’adozione dell’atto d’ufficio (nella specie: ordinanza contingibile e urgente) imposto dalle più volte ricordate esigenze di protezione sanitaria.”
Vi è poi un importantissimo principio di diritto che sancisce la Corte di legittimità relativo alla persona offesa dal reato, poi costituitasi parte civile.
L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado anche alla condanna del risarcimento del danno a favore della parte civile, un cittadino che risiedeva in un’abitazione posta nella proprietà limitrofa a quella in cui giacevano i rifiuti di amianto abbandonati; e aveva, quindi, impugnato anche questa parte della sentenza di condanna.
La Cassazione respinge il ricorso anche in questo punto e conferma la condanna del sindaco pure al risarcimento del danno, con queste perentorie formulazioni: “la Corte territoriale (la Corte d’appello di Milano, ndr) ha dato motivatamente conto dell’esistenza del rapporto di causalità ravvisato tra le condotte omissive ascritte all’imputato e il danno rappresentato dall’alterazione della qualità della vita della persona offesa, la cui serenità è stata turbata dalla preoccupazione dovuta alla mancata adozione di misure precauzionali idonee a scongiurare il pericolo di rischi per la salute della stessa e ciò a prescindere dall’effettiva insorgenza, allo stato non manifestatasi, di uno stato patologico conseguente all’esposizione prolungata alle polveri di amianto provenienti dalle lastre di eternit accatastate alla rinfusa nella proprietà vicina.”
Insomma, l’amianto abbandonato fa male alla qualità di vita di chi abbia la mala sorte di ritrovarselo di fianco a casa, a prescindere dall’insorgenza di una malattia. E’ un danno, insomma: e come tale va risarcito.
Ma, evidentemente, non è proprio un toccasana neanche per chi abbia un obbligo giuridico di intervenire a tutela dell’ambiente e della salute pubblica e, di fronte a ripetute e formali richieste di intervento, si volti dall’altra parte.
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