Le farine (parte seconda): di Tipo 00, Integrale e di altri cereali


In un precedente articolo avevamo analizzato le farine di grano tenero, cercando di fornire indicazioni riguardo la scelta delle stesse.

Tra le farine di grano tenero, la più comune è la Tipo 00, ma si sta diffondendo fra i consumatori anche l’uso di quella integrale. Quali sono le principali differenze? È vero che la farina integrale è più “salutare”?

Cercheremo di rispondere a queste domande nel corso della trattazione, per poi volgere l’attenzione verso le “altre farine”: quelle non derivate dal grano tenero, fra cui le gluten free.

 

Tipo 00 vs. Integrale

La farina 00 è costituita prevalentemente dall’endosperma del chicco di grano (la sua parte centrale), che contiene proteine (per lo più gliadine e glutenine, che durante l’impastamento formano il glutine) e amido. Oltre a questi nutrienti preponderanti, sono presenti anche fibre (circa 2-3 g per 100 g di farina), acidi grassi (0,8 g per 100 g) di cui il 90% insaturi e sali minerali (come fosforo e potassio).

La farina integrale presenta un maggior contenuto di fibre (circa 9 g per 100 g di farina), di sali minerali e di vitamine ed un minore contenuto di carboidrati complessi, come pure delle proteine gliadina e glutenina. Il maggior apporto di fibre, sali minerali e vitamine è dato dalla presenza nella farina, oltre che dell’endosperma, anche degli strati più esterni del chicco di grano, primo fra tutti la crusca.

Caratteristica principale della farina integrale, dunque, è l’ampia presenza di fibre. La maggior parte delle fibre è insolubile, non viene digerita dal nostro organismo ed esplica la sua azione benefica durante il transito lungo il tratto gastrointestinale. Anche le fibre solubili non vengono assorbite dal nostro organismo ma, grazie all’azione della flora batterica intestinale, vengono trasformate in molecole che contribuiscono all’assorbimento di acqua e sodio ed hanno un’azione antinfiammatoria.

Tutto questo non implica che la farina Tipo 00 sia “dannosa” o “meno salutare” di quella integrale. Queste farine hanno valenze nutrizionali diverse, il che le rende più o meno adatte a seconda delle esigenze e delle condizioni fisiologiche del consumatore. Se abbiamo bisogno di un pasto “energetico” è senz’altro consigliabile optare per un panificato a base di farina 00. Al contrario, se vogliamo limitare la quota di nutrienti assorbita, acuire il senso di sazietà (per esempio se si sta seguendo una dieta ipocalorica) è più consigliato il consumo di un panificato a base di farina integrale.

Non solo frumento

Oggi troviamo sugli scaffali dei punti vendita farine e preparati a base di farine costituite non solo da frumento. Per venire incontro alle esigenze di un consumatore sempre più consapevole, attento al proprio benessere e curioso di sperimentare diversi sapori, il mercato oggi offre  nuovi prodotti a base di farine diverse dal frumento (orzosegale, avena ecc.).

Una menzione particolare è necessaria per quei cereali privi di glutine, una sostanza proteica dannosa per le persone affette da celiachia.

I cereali più conosciuti e diffusi  privi di  glutine sono il riso e il mais. A questi vengono spesso miscelati, nella produzione di farine e prodotti gluten free, grano saraceno, quinoa o chia.

Il Reg. UE 1169/2011 disciplina le informazioni che gli operatori del settore alimentare devono fornire ai consumatori. Secondo tale regolamento, è obbligatorio dichiarare la presenza di glutine solo se questo è presente come ingrediente, mentre non è obbligatorio dichiararne l’eventuale presenza potenziale per contaminazione accidentale. La dicitura “può contenere tracce di…”, quindi, utilizzata dalle aziende proprio per indicare una potenziale presenza di glutine, non è contemplata tra gli obblighi della normativa vigente e l’assenza del claim può contenere tracce di glutinenon può essere considerata una garanzia per il celiaco. Contro questa mancanza di regolamentazione si stanno battendo associazioni di rappresentanza delle persone affette da celiachia, come l’AIC.

Normativa di riferimento più specifica è il Regolamento di esecuzione (UE) N. 828/2014, relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti. Questo stabilisce, nel suo Allegato, che la dicitura “senza glutine” è consentita solo laddove il contenuto di glutine dell’alimento venduto al consumatore finale non sia superiore a 20 mg/kg.

Altro segno distintivo degli alimenti privi di glutine è il marchio Spiga Barrata. È possibile verificare la lista dei prodotti licenziatari del Marchio Spiga Barrata sul sito della Federazione delle Associazioni Celiachia europee (AOECS).

Martina Novelli

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