Le modifiche al disciplinare di produzione secondo il Regolamento 33\2019 – Verso una rinazionalizzazione?


Nell’ultimo post, abbiamo accennato al recente Regolamento delegato (UE) 2019/33 della Commissione del 17 ottobre 2018 che abroga il Regolamento n. 607\2009 e integra il Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio “per quanto riguarda le domande di protezione delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali nel settore vitivinicolo, la procedura di opposizione, le restrizioni dell’uso, le modifiche del disciplinare di produzione, la cancellazione della protezione nonché l’etichettatura e la presentazione.”

In quella sede, si è fatto presente che sarebbe stato il caso di tornare su questo testo normativo in modo meno estemporaneo.

Anzi, tenendo conto della quantità e qualità degli argomenti che esso tratta, è decisamente il caso di affrontarne uno per volta, per provare a farlo in maniera appena adeguata all’importanza dei temi sul tappeto.

Oggi cominciamo con la questione delle modifiche del disciplinare di produzione, che, peraltro, sul cammino di questo blog si è già incontrata allorquando ci si è occupati della vicenda della modifica del disciplinare della Doc Valdarno, nel senso della previsione, per disciplinare per l’appunto, del metodo biologico per tutte le aziende che vogliano usare la denominazione in esame per i loro vini[1].

Orbene, il Regolamento n. 33 al suo “considerando” (l’introduzione esplicativa che un testo legislativo dell’Unione Europea contiene e che comprende la cosiddetta “base giuridica” del testo stesso) n. 2, riconosce che “il regolamento (UE) n. 1308/2013 ha creato vuoti giuridici, in particolare per quanto riguarda la procedura da seguire per le domande di modifica del disciplinare di produzione. Le norme procedurali relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni geografiche nel settore vitivinicolo sono contraddittorie rispetto a quelle applicabili ai regimi di qualità nei settori dei prodotti alimentari, delle bevande spiritose e dei vini aromatizzati, disciplinati dal diritto dell’Unione.”

Se ne ricava, che “il presente regolamento dovrebbe pertanto semplificare, chiarire, completare e armonizzare le pertinenti procedure.”

Al successivo “considerando”, n. 3, poi, si legge che “le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche sono intrinsecamente collegate al territorio degli Stati membri. Le autorità nazionali e locali dispongono delle migliori competenze e conoscenze in materia. Questo elemento dovrebbe trovare riscontro nelle norme procedurali pertinenti, tenuto conto del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea.”

Sulla base di questi, e collegati, presupposti, pertanto, l’articolato normativo in esame ha disposto significative innovazioni per quanto riguarda, tra gli altri, le modifiche del disciplinare di produzione[2], come si accennava.

Il sistema disciplinato dal citato Regolamento 1308\2013 (la cosiddetta “OCM unica”) prevedeva un procedimento che necessariamente si snodava prima in ambito nazionale (la “Procedura nazionale preliminare”) e poi innanzi alla Commissione Europea, che peraltro era l’Autorità munita del potere decisionale finale, all’esito dell’iter legislativo (art. 96 e ss).

La riforma del 2019 prevede, oggi, due diversi tipi di modifiche del disciplinare: quelle “che richiedono una procedura di opposizione a livello di Unione (‘modifiche dell’Unione’) e le modifiche che sono gestite a livello di Stato membro o di paese terzo (‘modifiche ordinarie’).

Introdotta questa fondamentale bipartizione, il Regolamento passa a delineare il perimetro dei due nuovi tipi di modifiche: “Una modifica è considerata modifica dell’Unione qualora:

  1. a) includa una variazione del nome della denominazione di origine protetta o dell’indicazione geografica protetta;
  2. b) consista nella variazione, soppressione o aggiunta di una categoria di prodotti vitivinicoli, di cui all’allegato VII, parte II, del regolamento (UE) n. 1308/2013;
  3. c) possa potenzialmente invalidare il legame di cui all’articolo 93, paragrafo 1, lettera a), punto i), o lettera b), punto i),

del regolamento (UE) n. 1308/2013;

  1. d) comporti ulteriori restrizioni alla commercializzazione del prodotto.

[….]

Tutte le altre modifiche sono considerate modifiche ordinarie.” (art. 14, Reg. Del. UE 2019/33)

Insomma, un carattere residuale e generale alle modifiche al disciplinare riconosciuto alla competenza degli Stati membri; una sorta di rinazionalizzazione di un segmento significativo importante di tutto l’apparato di disciplina delle denominazioni in ambito vitivinicolo.

Sulle possibili conseguenze di questa corposa innovazione, ci soffermeremo nel prosieguo dell’analisi.

A partire proprio da quelle che potrebbero derivare a richieste di modifiche del disciplinare decisamente peculiari come quella su citata.

 

 

[1] Ai sensi del Regolamento 1308\2013, un vino a denominazione di origine è quello le cui qualità e le caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente al territorio da cui prende il nome, più precisamente a “un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani” (art. 93).

[2] E’ il caso di rammentare che il disciplinare di produzione, in ambito vitivinicolo, è il cuore delle “domande di protezione di nomi in quanto denominazioni di origine o indicazioni geografiche”, giacché è lo strumento tramite il quale i soggetti richiedenti la protezione forniscono alle autorità preposte, sia nazionali che unionali, la carta d’identità del procedimento di produzione, quindi del vino stesso. Risultato che viene raggiunto con la specificazione di elementi fondamentali quali:

  1. a) il nome di cui è chiesta la protezione;
  2. b) una descrizione del vino o dei vini:
  3. i) per quanto riguarda una denominazione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche;
  4. ii) per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
  5. c) se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazione del vino o dei vini nonché le relative restrizioni applicabili a detta elaborazione;
  6. d) la delimitazione della zona geografica interessata;
  7. e) le rese massime per ettaro;
  8. f) un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti;
  9. g) gli elementi che evidenziano il legame con il territorio;

ecc… (art. 94)

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