Lo “zuccheraggio” del vino – O delle asimmetrie dell’Unione europea


In uno degli ultimi post dedicati al vino, si è citata la pratica dello “zuccheraggio”, ossia l’aggiunta di saccarosio al “prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve”, per riprendere la definizione di vino dell’Unione Europea (Reg. 491\2009).

Pratica che, si è ricordato, è vietata in alcune nazioni mediterranee (Italia, Spagna…) e del tutto lecita nel resto d’Europa, nonché del mondo.

Naturalmente, il fatto che un comportamento sia vietato “sulla carta” non vuol dire affatto che non sia presente “nella pratica”.

E questa forma di “dialettica”, per così dire, tra teoria e prassi, tra norma e realtà non è proprio estranea al costume di questo paese, per usare un eufemismo.

E’ di pochissimi giorni fa, per tornare al merito di questo articolo, il sequestro di uno stabilimento vinicolo in Puglia, privo di ogni tipo di autorizzazione amministrativa, all’interno del quale venivano illecitamente prodotti e commercializzati, completamente “in nero”, prodotti vinosi adulterati con zucchero.

La notizia fornisce una buona occasione, oltre che per una sempre sana riflessione su taluni radicati usi italici – senza mai cedere a facili generalizzazioni, peraltro – per rammentare, in maniera sintetica, alcune delle principali fonti normative in materia, unionali (si parte sempre da lì, ormai, in ambito di sicurezza alimentare, in generale nonché nello specifico del vino) e nazionali.

Le pratiche enologiche autorizzate nell’Unione Europea sono quelle previste nel Regolamento della Commissione n. 606\2009; nonché quelle indicate dall’Allegato VIII – richiamato dall’art. 80 – del Regolamento 1308\2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio.

Con riferimento a queste ultime, in ordine al tema in esame, è disposto che:

L’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale di cui alla sezione A può essere ottenuto esclusivamente:

  1. a) per quanto riguarda le uve fresche, il mosto di uve parzialmente fermentato o il vino nuovo ancora in fermentazione, mediante aggiunta di saccarosio, di mosto di uve concentrato o di mosto di uve concentrato rettificato;
  2. b) per quanto riguarda il mosto di uve, mediante l’aggiunta di saccarosio, di mosto di uve concentrato o di mosto di uve concentrato rettificato, o mediante concentrazione parziale, compresa l’osmosi inversa; [….]”

Nel Testo Unico italiano del vino (L. 238\2016), si legge, invece, all’art. 71: “Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, fuori dei casi consentiti, nelle operazioni di vinificazione o di manipolazione dei vini impiega, in tutto o in parte, alcol, zuccheri o materie zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall’uva da vino è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di 250 euro per ettolitro di prodotto sofisticato.

Scarto più radicale, sullo stesso punto, tra legislazione europea e nazionale sarebbe difficilmente immaginabile, come già accennato.

Sulle conseguenze di questo gap normativo tra Italia (e pochi altri paesi) e resto d’Europa, si tornerà in seguito.

Così come sarà il caso di dare un’occhiata più accurata ai profili sanzionatori dello zuccheraggio previsti dalla normativa nazionale, con particolare riferimento alla formula che, si è visto, apre il citato art. 71: “salvo che il fatto costituisca reato”.

Insomma, il “rischio penale” d’impresa applicato a questa pratica enologica.

Alla prossima!

 

 

 

 

 

 

 

 

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