Olio di palma alterato nella friggitrice: è reato consumato


Secondo la Cassazione, la mera presenza dell’olio caldo alterato nella macchina costituisce l’illecito penale. Anche se il fritto non c’è ancora.

Il proprietario di una pizzeria viene condannato per avere utilizzato nella preparazione di alimenti fritti da somministrare e vendere agli avventori olio di palma alterato avente un tenore di composti polari superiore al valore massimo consentito. Condotta che, come si vedrà, integra un reato previsto dalla fondamentale legge sulla sicurezza alimentare del 1962.

Indice

  1. Il ricorso dell’imputato: l’intervento dei Nas impedisce la consumazione del reato

  2. La Cassazione: le cose non stanno così

  3. La contravvenzione: un reato lieve, ma che si consuma presto

Il ricorso dell’imputato: l’intervento dei Nas impedisce la consumazione del reato

Il commerciante ricorre per Cassazione contro la condanna.

E lo fa sulla base di un solo motivo: il fatto di aver rinvenuto l’olio, poi risultato alterato, inserito all’interno della friggitrice e ancora caldo non proverebbe l’effettivo utilizzo di quel prodotto vegetale nella preparazione di sostanze alimentari, posto che poi quell’utilizzo non è avvenuto per l’intervento dei Nas.

Secondo la difesa dell’imputato, insomma, si sarebbe in presenza non di un reato consumato a tutti gli effetti, ma di un mero tentativo; il quale, tuttavia, non sarebbe compatibile con il tipo di illecito contestato al pizzaiolo. L’istituto del reato tentato, infatti, è previsto dal codice penale solo con riferimento a uno specifico tipo di reati previsti dal nostro ordinamento, ossia i delitti. Siccome al titolare della pizzeria è stata contestata una contravvenzione (l’altro tipo di reati che conosce il nostro codice penale), a quest’ultima non si può applicare il tentativo. Dunque, la condotta dell’imputato non sarebbe penalmente illecita.

La Cassazione: le cose non stanno così

La Cassazione rigetta il ricorso, respingendo il singolare motivo di ricorso sulla base dello stesso testo della legge.

La figura di reato contestata all’imputato1 vieta tra l’altro di impiegare nella preparazione di

alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari in stato di alterazione, come appunto l’olio in esame.

Pertanto, l’inserimento dell’olio di palma alterato nella friggitrice in uso nella pizzeria rappresenta non un tentativo, ma proprio il cuore del reato consumato: per la semplice ragione che il comportamento incriminato autonomamente è proprio l’impiego della sostanza alterata nella preparazione di alimenti.

La successiva destinazione al consumo dell’alimento preparato con l’olio alterato costituisce un mero elemento successivo al fatto tipico penalizzato che non incide in alcun modo sul reato già perfetto in sé, ossia il precedente utilizzo della sostanza alterata.

La sussistenza di quest’ultimo comportamento non era stata neanche messa in discussione dalla difesa: per la semplice ragione che non era discutibile, in presenza dell’olio ancora fumante nella friggitrice in uso alla pizzeria gestita dall’imputato.

Il reato è, dunque, pacifico.

Il ricorso, quindi, viene dichiarato inammissibile, la sentenza di primo grado confermata e l’imputato condannato anche al pagamento delle spese processuali.

Come prevede il codice di procedura penale.

1 Si tratta dell’art. 5 lett. d) della legge n. 283 del 1962, sanzionata penalmente dal successivo art. 6.

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