Omessa indicazione della natura di prodotto congelato nel menu: è tentata frode in commercio
La Corte di Cassazione torna sulla questione della mancata specificazione, nel menu, della natura di prodotto congelato.
E conferma quanto già ampiamente affermato in passato.
“Può infatti concretizzare la fattispecie di reato anche il semplice fatto di non indicare nella lista delle vivande, posta sui tavoli di un ristorante, che determinati prodotti sono congelati, in quanto l’esercizio di ristorazione ha l’obbligo di dichiarare la qualità della merce offerta ai consumatori, di tal che la mancata specificazione della qualità del prodotto (naturale o congelato) integra reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, perché la stessa proposta di vendita non veritiera, insita nella lista vivande, costituisce un atto diretto in modo non equivoco a commettere il delitto di cui all’art. 515 cod. pen.” Ciò anche “indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore” e a prescindere da qualsiasi “contestazione circa lo stato di conservazione del prodotto ovvero il rispetto delle procedure relative, bensì solamente in relazione alla mancata ottemperanza agli oneri informativi.”
Questi i principi fondamentali sanciti in una recentissima sentenza della Suprema Corte (Sez. III, n. 56105 del 13\11\2018, con numerosi precedenti conformi nello stesso senso, come si accennava) relativa a un ristoratore genovese che aveva in menu due ghiotti piatti di mare – la sfogliata di polpo e gambero rosso e la crudità di scampi di Sicilia e gamberi – composti con “prodotto ittico congelato senza che di detta condizione fosse stato edotto il consumatore nel menu”.
I giudici del palazzaccio, quindi, ribadiscono la centralità dell’adempimento degli obblighi di informazione da parte del commerciante in ordine a “origine, provenienza, qualità o quantità”, previsti dalla figura di reato di frode in commercio, della “cosa mobile” oggetto della transazione (nel caso di specie, del prodotto alimentare).
Il senso è chiaro: la correttezza e lealtà delle pratiche commerciali si garantisce anzitutto abbattendo al massimo le cosiddette “asimmetrie informative”; ossia mettendo i contraenti in posizioni di conoscenza, e quindi di forza, quanto più vicine possibili.
Quando la compravendita in questione ha ad oggetto il cibo, alle ragioni di tutela della correttezza e lealtà del commercio di solito si aggiungono quelle di difesa della sicurezza e della salute pubblica, come ognuno può agevolmente comprendere.
Perciò quei principi e quegli obblighi valgono ancora di più.
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