Opere nelle aree protette e tutela ambientale – La Cassazione fa il punto in una vicenda relativa a Torre Guaceto


In presenza di opere realizzate in un’area protetta, la loro valutazione di illiceità va effettuata alla stregua di un parametro fondamentale: il fatto che quei lavori abbiano comportato, o meno, una “alterazione delle caratteristiche dell’ambiente nel suo complesso.”
Lo ha sancito la Cassazione in una recente sentenza relativa alla Riserva marina di Torre Guaceto, in provincia di Brindisi.
Il Tribunale aveva confermato il sequestro preventivo di un fondo confinante per un reato di cui all’art. 19, l. n. 394 del 1991 (c.d. “legge parchi”) contestato al proprietario, “perché, in area marina protetta, in violazione del divieto di alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche ed idrobiologiche delle acque, aveva creato un sistema di collettamento che scaricava in mare le acque di “una palude interna – stagno di durata temporanea” […] e per il reato del capo B), art. 734 cod. pen., perché aveva alterato le bellezze naturali della Riserva”, realizzando altre opere abusive tra cui lo spianamento di due dune costiere.
La Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato sostanzialmente sulla base dell’assunto citato in apertura.
Così ribadendo un principio ormai invalso nel nostro ordinamento: la tutela ambientale è questione di sostanza.

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