OSA: gli obblighi della precauzione
La Corte di Cassazione civile – in una recentissima ordinanza avente come protagonista il famigerato colorante “Sudan I”, rinvenuto in una partita di peperoncino destinato al commercio – afferma un importante principio di diritto nei confronti degli Operatori della sicurezza alimentare (OSA): il produttore, quale operatore professionale, ha un obbligo “di adottare misure proporzionate in funzione delle caratteristiche del prodotto e della sua destinazione al consumo umano, verificando, attraverso controlli a campione, che il componente acquistato risponda ai requisiti di sicurezza previsti e non contenga additivi vietati e pericolosi, prima di ulteriormente impiegarlo quale parte o ingrediente nella preparazione di un alimento finale.” (27/11/2018, Ordinanza n.30620)
Ciò per “garantire la sicurezza degli alimenti” nel rispetto del “principio di precauzione.”
Ma cos’è il principio di precauzione?
Per rimanere solo alla normativa di questo continente, è uno dei principi fondamentali che ispirano la legislazione e guidano l’azione dell’Unione europea (e, quindi, degli Stati che vi appartengono) in una serie di ambiti nevralgici della vita civile: dal diritto (e, dunque, la tutela) dell’ambiente al diritto alimentare (cioè, la tutela della salute in relazione al cibo con il quale ci nutriamo).
In quest’ultimo campo, in particolare, il diritto di precauzione è esplicitato da una norma (l’art. 7) della cosiddetta “general food law”, ossia il Regolamento 178 del 2002.
Vi si prevede che “qualora, in circostanze specifiche a seguito di una valutazione delle informazioni disponibili, venga individuata la possibilità di effetti dannosi per la salute ma permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico, possono essere adottate le misure provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute che la Comunità persegue, in attesa di ulteriori informazioni scientifiche per una valutazione più esauriente del rischio.”
In pratica, quando ci si trovi in presenza di una situazione di rischio per la salute umana, anche in assenza di certezze scientifiche le autorità competenti e i soggetti sui quali, comunque, gravano obblighi in tal senso (proprio come il produttore della sentenza su citata) potranno (o, a seconda dei casi, dovranno) attivarsi con provvedimenti provvisori (più o meno gravi, caso per caso) per “gestire il rischio”.
Le attività economiche, di ogni tipo, non devono mai costituire un rischio per la salute e la vita umana.
Quella che abbiamo visto è una delle norme fondamentali che nascono per affermare, in maniera solenne e concreta, questo principio di civiltà.
Ce lo chiede l’Europa!
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