Prime note sulle Doc – O dei difficili rapporti (in qualche caso) tra il vino e il suo ambiente
“Il doc mi ha rovinato la vita.”
Così scriveva Marcello Baraghini, nella prefazione a un testo ormai storico di Gino Veronelli e Pablo Echaurren: “Le parole della terra – Manuale per enodissidenti e gastroribelli”, sulla cui copertina, in basso, faceva bella mostra di sé il logo “NO DOC”, con le due parole separate da un corposo grappolo d’uva.
A parte le esplosioni della penna sulfurea del fondatore di Stampa Alternativa (per non dire di quelle dei due autori del libro), la questione della credibilità delle denominazioni di origine è avanzata da un numero sempre più ampio di soggetti del mondo del vino, in particolare, produttori.
Dalla Tenuta Dettori, in Sardegna, a La Stoppa, in provincia di Piacenza; da Gianfranco Fino, della terra del Primitivo di Manduria, fino alla più recente e clamorosa vicenda dell’Amarone d’Arte – della quale abbiamo avuto già modo di occuparci in questo blog – sono ormai vari e significativi i casi di “ripudio” di una denominazione di origine controllata o (come negli ultimi due esempi citati), quantomeno, di “rapporti difficili” tra i produttori e il consorzio di tutela di appartenenza – il che vuol dire, alla fine, con le stesse denominazioni.
In Italia, esistono, a tutt’oggi, 118 vini a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T), 334 a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e 74 a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.)[1].
Troppe, secondo vari osservatori qualificati, specie le D.O.C., che sarebbero diventate, in molti casi, mera espressione di una sorta di campanilismo vitivinicolo.
Difficile dar loro torto, almeno in alcune situazioni.
Se è vero che il sistema D.O.C. è stata un’importante zattera di salvataggio per il vino italiano dopo il quasi naufragio del caso metanolo, infatti, è altrettanto difficilmente contestabile, regolamenti europei alla mano, che a denominazione di origine dovrebbe essere solo i vini le cui “qualità e caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani” (art. 93, Reg. 1308\2013).
Principio normativo che nella pratica enoica, organolettica e analitica, non può che significare che il vino a denominazione prodotto in un determinato territorio che dà il nome alla bevanda stessa dovrebbe possedere caratteristiche tali – conferite al prodotto proprio da quel luogo, nella sua duplice componente ambientale e umana – da rendere il vino in questione significativamente differente da qualunque altro realizzato in qualsiasi altro posto.
E’ il noto concetto di terroir, di cui ogni vino a denominazione che si rispetti dovrebbe essere espressione.
Al contrario, altri lamentano l’esistenza di “doc generaliste”, connotate da areali amplissimi all’interno dei quali esisterebbero più terroir, anche assai diversi tra loro, che, quindi, andrebbero sostanzialmente smarriti nel mare magno della macrodenominazione.
Come che sia, il mondo delle denominazioni è evidentemente tutt’altro che incontroverso.
D’altronde, che il congegno normativo delle denominazioni di origine in campo vitivinicolo richiedesse una complessiva messa a punto emerge chiaramente anche dal recentissimo Regolamento Delegato (UE) 33\2019 della Commissione del 17 ottobre 2018 che integra il citato Regolamento (UE) n. 1308\2013 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Per citare in questa sede solo la norma che più direttamente riguarda questo pezzo, ossia quella che, in sostanza, afferma la necessità della “distinguibilità” di un territorio, e quindi del suo vino, da un altro, è da rimarcare l’art. 2 del regolamento in questione, relativo alla figura del “richiedente” la denominazione, nel quale si afferma che “un singolo produttore può essere considerato richiedente ai sensi dell’articolo 95, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013 se è dimostrato che: [….] b) la zona geografica delimitata possiede caratteristiche che differiscono notevolmente da quelle delle zone limitrofe ovvero le caratteristiche del prodotto sono differenti da quelle dei prodotti delle zone limitrofe.”
Ma a questo rilevante testo normativo sarà il caso di dedicare qualche altro intervento ad hoc, a breve.
[1] https://www.federdoc.com/new/wp-content/uploads/2019/04/brochure-2019.pdf
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