Rapporto ISPRA sui pesticidi nelle acque: poco di nuovo sotto il sole
Pubblicato qualche giorno prima di Natale il Rapporto ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione ambientale, sui pesticidi nelle acque nazionali.
Nelle acque superficiali sono state trovate queste sostanze nel 77,3% dei 1.980 punti di monitoraggio, in quelle sotterranee nel 32,2% dei 2.795 punti.
La quantità di pesticidi risulta inoltre superiore alla norma nel 21% dei primi e nel 5% dei secondi.
A parte questi dati in sé poco tranquillizzanti, dal Rapporto emergono alcuni elementi sui quali non farebbe male qualche riflessione; da parte di tutti, ma soprattutto del legislatore.
1) Già nell’introduzione del testo si denuncia che “lo studio dell’evoluzione della contaminazione incontra diverse difficoltà a causa delle disomogeneità ancora presenti nei monitoraggi regionali, con differenze nella rete e nelle frequenze di campionamento, ma anche nel numero delle sostanze controllate e nei limiti di quantificazione analitici.” Questa situazione sostanzialmente a macchia di leopardo lungo la Penisola, secondo gli autori, “impone particolare cautela nell’interpretazione degli indicatori individuati dal PAN per la tutela dell’ambiente acquatico, con lo scopo di seguire l’evoluzione della contaminazione.”
2) Il Rapporto prende in considerazione anche la nevralgica questione dell’effetto cocktail. E anche in questo caso ISPRA non si nasconde e non ci nasconde la portata della criticità: “la valutazione di rischio nello schema tradizionale considera gli effetti delle singole sostanze e non tiene conto dei possibili effetti delle miscele presenti nell’ambiente. Anche a causa della presenza di miscele, c’è consapevolezza, a livello scientifico e normativo, che il rischio derivante dalle sostanze chimiche sia sottostimato.”
3) Non manca un riferimento al lato normativo. E pure qui le note che ne emergono non infondono proprio conforto. “La regolamentazione europea dei pesticidi ha una lunga tradizione ed è fra le più articolate e complete a livello mondiale. È sembrato utile, pertanto, analizzare le diverse norme per cercare di comprendere come esse, o la loro applicazione, spesso non siano sufficienti a impedire una presenza diffusa delle acque.”
Questi sono solo alcuni dei problemi, ormai cronici, che connotano il rapporto tra pesticidi e acque – ma il discorso non riguarda certo solo questa matrice ambientale, purtroppo; basta scorrere il Rapporto per rendersene conto.
E la questione merita un’analisi decisamente meno sommaria di queste poche righe. A partire da quel capitolo tanto nodale quanto ancora avvolto in una fitta nebbia costituito dal PAN, il Piano d’azione nazionale per l’utilizzo sostenibile dei pesticidi, cui si accennava al punto 1).
Ma per oggi può bastare.
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