Referendum per il Biodistretto Trentino: raggiunto il numero di firme – Una piccola, buona notizia


Poco più di un mese fa, in questo blog abbiamo dedicato un contributo alla proposta di Biodistretto Trentino; più precisamente, al referendum propositivo lanciato da un comitato promotore per istituire un distretto biologico grande quanto un’intera provincia, quella di Trento per l’appunto.

In questo mese, l’irruzione subdola di un virus ha cambiato quasi tutto: in questo Paese, in Europa, in gran parte del mondo. Nelle nostre vite.

Una cosa non è cambiata: la necessità di tutelare l’ambiente, gli ecosistemi e la biodiversità, a ogni livello e nei modi più adeguati alle poste in gioco.

Si va ormai consolidando nel mondo scientifico l’ipotesi per cui la penetrazione di quel microrganismo che ha stravolto le nostre esistenze in una manciata di giorni sia stata significativamente agevolata anche dagli stravolgimenti che gli esseri umani hanno inferto al clima, alle matrici ambientali, ai cicli naturali e agli equilibri degli ecosistemi di questo pianeta.

In tal senso, quindi, la necessità cui si faceva riferimento sopra non è solo rimasta saldamente in piedi: è diventata ancora più stringente. Perché abbiamo avuto l’ennesima – tanto tragica quanto superflua – prova che tra le poste in gioco vi sono la nostra salute e la nostra stessa vita.

Per tornare al tema iniziale, la condizione per l’ammissibilità del referendum sul Biodistretto Trentino era la raccolta di 8.000 firme entro il 26 marzo: il comitato promotore, già qualche giorno fa, ne ha depositate quasi 13.000.

Nell’ondata di sofferenze, di restrizioni e di paure che sta sommergendo questo Paese, è una notizia piccola.

Ma è un’ottima notizia.

Anche e soprattutto perché indica la strada che dovrebbe esser vista ormai come la più ragionevole, la più sana, in Trentino, come in Italia, come nel mondo: quella di un sistema di produzione che usi un territorio per generare valore – economico, ecologico e culturale – preservando quanto più possibile gli equilibri naturali e rigenerando le matrici ambientali di quello stesso territorio.

Al posto di quello che oggi è la regola, più o meno ferrea: un sistema di predazione che sfrutta i territori, le loro risorse ambientali, le persone che ci vivono e lavorano per estrarre da ogni dove il massimo profitto. A ogni costo: ambientale e umano.

La cronaca, ma prim’ancora le nostre stesse esistenze quotidiane in questo periodo ci offrono in gran copia elementi per capire che quelle su citate, a questo punto, non sono solo due diverse idee e, soprattutto, pratiche di modelli socio – economici: sono due opposte opzioni di civiltà. Che, in tempi niente affatto biblici, possono incidere, in modi opposti, sulle stesse possibilità di conservazione della vita su questo pianeta nelle forme cui siamo (o eravamo) abituati.

Anche e soprattutto, della nostra vita, per la precisione.

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