Rifiuti agli agrumi


Il legale rappresentante di una società agricola che lavora agrumi viene condannato in primo grado per il delitto di Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, per due diverse condotte: a) in concorso con altre persone, aveva ceduto o comunque aveva gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti (“pastazzo” di agrumi”), smaltendoli in discariche abusive o comunque in luoghi non autorizzati, al fine di trarne ingiusto profitto, con molteplici operazioni; b) al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e con allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, aveva ceduto o ricevuto o trasportato comunque gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti consistenti in reflui di lavorazione.

La Corte d’appello riqualifica il capo b) nel reato di cui “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”, più lieve, e conferma nel resto la sentenza di primo grado.

L’imputato ricorre per Cassazione.

Con riferimento proprio al fatto sub b), che è quello che presenta gli elementi di maggiore complessità, l’imprenditore agricolo si difende affermando che “i reflui di lavorazione della sua società erano convogliati direttamente al depuratore tramite apposita, diretta ed esclusiva condotta attraverso una serie di canalizzazioni continue sulle quali non potrebbe interferire l’uomo.”

A questo aggiunge che, “il consulente di parte, incaricato dal Comune Barcellona Pozzo di Gotto, avrebbe affermato la necessità di un sistema intermedio di canalizzazione in una vasca prima che il refluo giungesse al depuratore, configurando, in questo modo, un passaggio temporaneo e non una stabile condotta di stoccaggio.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso in due punti su tre (Cass. pen. Sez. III, Sent., ud. 16-07-2018 – 03-12-2018, n. 53978).

Con riferimento al capo b), in particolare, afferma che “la Corte d’appello ha correttamente evidenziato, nel caso di specie, la mancanza di temporaneità dello scarico dei reflui di lavorazione e l’interposizione di altre tubature o altre strumentazioni che impediscono la confluenza diretta dello scarico dei rifiuti nell’apposito depuratore, descrivendo le caratteristiche dimensionali che contraddistinguevano il meccanismo di sversamento illecito.” Conclude la Suprema Corte che “il giudice di secondo grado non ha fatto altro che riportare quanto accertato dalla polizia giudiziaria in merito alla confluenza dei rifiuti in una vasca, al loro successivo stoccaggio in silos di vetroresina al loro successivo avvio, tramite una pompa di aspirazione, verso il depuratore comunale, mediante una condotta interrata.

L’imputato è pertanto responsabile dei reati che gli sono contestati.

+ There are no comments

Add yours