Sfalci e potature: restano rifiuti, salve le deroghe di legge – Lo ribadisce la Cassazione
Il legale rappresentante di una ditta che si occupa di gestione del verde viene condannato in primo grado per il reato di cui all’art. 256 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata), comma 1, lett. a) e 192 (Divieto di abbandono), comma 1, d.lgs. n. 152/2006, perché “aveva effettuato la raccolta e lo stoccaggio di rifiuti non pericolosi, costituiti da scarti di vegetazione provenienti dall’attività di giardinaggio, e li aveva depositati in maniera incontrollata nell’area di Montignoso, in via del Pero, in assenza della prescritta autorizzazione.”
Ricorre per cassazione sulla base di una serie di motivi.
Quello che più rileva in questa sede è senza dubbio il primo: “secondo la giurisprudenza di legittimità gli scarti vegetali erano esclusi dal novero dei rifiuti e non erano pertanto applicabili né l’art. 256-bis né l’art. 256 d.lgs. n. 152/2006.”
La Cassazione, con una recente sentenza, rigetta il motivo e, più in generale, il ricorso (Cass. Sez. III Pen. 9 marzo 2020, n. 9348).
All’esito di un percorso argomentativo assai articolato, comprensivo di una dettagliata ricostruzione delle varie riforme che ha subito negli anni la norma penale in questione, la Suprema Corte afferma che “gli sfalci e potature, che non costituiscono rifiuto, sono solo quelli derivanti da buone pratiche colturali o dalla manutenzione del verde pubblico, sempreché siano riutilizzati in agricoltura, silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo cessione a terzi e sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o mettano in pericolo la salute umana.
Dalla formulazione della norma”, prosegue la sentenza “si ricava quindi la regola di giudizio che “gli sfalci e potature” sono comunque dei rifiuti per i quali vale la deroga stabilita nell’art. 185 d.lgs. n. 152/2006, nei limiti in cui siano gestiti e riutilizzati a servizio dell’agricoltura, silvicoltura o produzione di energia non inquinante. Nella specie, è stato invece accertato che “gli sfalci e potature” derivanti dalla raccolta del materiale arboreo, che si era formato a seguito della tromba d’aria del marzo 2015, non è noto se presso proprietà private o pubbliche, non era destinato agli usi consentiti, bensì si trovava accumulato sul terreno da mesi, senza misure protettive, tant’era vero che era stato attinto da un incendio che aveva richiesto l’intervento dei Vigili del fuoco.”
Insomma, per essere esclusi dall’ambito di applicabilità della norma penale, gli scarti vegetali devono rispettare i rigorosi requisiti, di struttura e di funzione, che delineano i Supremi Giudici. Altrimenti, vanno qualificati come rifiuti a tutti gli effetti, e, in quanto tali, trattati ai sensi di legge.
E’ un insegnamento di particolare importanza che va tenuto nel debito conto da tutti coloro che svolgono attività agricole e che, fatalmente, prima o poi si trovano a dover gestire gli scarti delle varie operazioni di rimonda.
In caso contrario, si può incorrere in “inconvenienti” penali assai spiacevoli.
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