Sicurezza alimentare e sanzioni: una trappola per gli OSA. O no?


Involtini di suino alla salmonella: la Cassazione annulla la condanna di un macellaio perché decisa sulla base di un metodo non valido per il Regolamento CE

La sicurezza alimentare, e soprattutto le sanzioni ad essa collegate, sono una trappola per gli operatori della sicurezza alimentare (OSA); se scatta un controllo in un’azienda, l’esito fatale è quantomeno una sanzione amministrativa, quando non proprio una condanna penale…

Indice

  1. Sicurezza alimentare uguale sanzioni: realtà o luogo comune?

  2. L’involtino, la salmonella, la condanna. E la scienza?

  3. Il senso di una sentenza

La cecità della sicurezza alimentare e delle sue sanzioni: dati di fatto o luoghi comuni?

Sono luoghi comuni che non mancano di un loro fondamento, specie se si considerano certi orientamenti giurisprudenziali.

Ma, proprio in quanto luoghi comuni, non mancano neanche di elementi di confutazione; di rilevanti sentenze contrarie, per essere più precisi.

L’involtino, la salmonella, la condanna. E la scienza?

Come quella emessa, di recente, dalla III Sezione della Corte di Cassazione in un procedimento a carico del proprietario di una macelleria, imputato perché aveva detenuto per la vendita nel suo esercizio commerciale involtini di suino preparati con carne contenente salmonella, pari a grammi 10 in una delle cinque unità campionate, superiore ai parametri previsti dal Reg. CE 2073/2005 che fissa i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari (Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-07-2020) 08-09-2020, n. 25256).

L’imputato ha fatto ricorso per cassazione contro la sentenza di condanna del Tribunale dispiegando una serrata serie di motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso fondamentalmente per due ragioni.

La prima è quella processualmente più significativa.

E’ stato contestato il reato della L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. c) secondo cui è vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti o comunque distribuire per il consumo, sostanze alimentari… lett. c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali.

Orbene, affermano i Giudici del Palazzaccio, “il Giudice non ha spiegato scientificamente, a fronte della contestazione che l’analisi effettuata era stata di tipo rapido e non aveva consentito di evidenziare per quale motivo il batterio fosse vitale e pericoloso, le ragioni per cui riteneva idonea e sufficiente la comunicazione dell’Istituto zooprofilattico.”

Il Tribunale, quindi, non aveva adeguatamente motivato la sua decisione di colpevolezza del commerciante alla stregua di quelli che sono ormai gli approdi stabili della giurisprudenza della Suprema Corte in materia di rapporto tra regole di accertamento della responsabilità penale e principi e strumenti scientifici: tutto ciò quando in un procedimento penale si deve sciogliere una questione di carattere tecnico – scientifico per valutare se un imputato sia responsabile del fatto contestato o no.

La sentenza, inoltre, opera un’altra essenziale precisazione in relazione ad altri principi, di segno apparentemente opposto, applicati dalla stessa Corte di Cassazione in questioni analoghe: la giurisprudenza – che era stata evidentemente citata nella sentenza di primo grado – “sulla discrezionalità tecnica nella scelta del metodo di analisi e campionamento non è coerente con il diverso tema introdotto dalla difesa sulla capacità dell’analisi rapida ad offrire delle informazioni determinanti ai fini della condanna.

Per precisare ulteriormente il tema cardine della sentenza, il Giudice di primo grado avrebbe dovuto rispondere nel merito, in modo serio, alla puntuale osservazione del consulente della difesa per il quale “con l’analisi biomolecolare del PCR Real Time poteva essere accertata una positività, ma il risultato doveva essere confermato con un metodo ufficiale. Quello utilizzato non era contemplato dal Regolamento CE n. 2073/2005. Era necessario effettuare ulteriori analisi per verificare se il batterio fosse vitale e quindi pericoloso.”

Il mancato riscontro nella pronuncia di condanna a questa specifica deduzione difensiva dell’imputato crea un vizio di motivazione del provvedimento, che impone il suo annullamento con rinvio.

Il senso di una sentenza

E’ una sentenza di grande rilievo, per l’estrema attualità e sensibilità delle questioni trattate. Ma anche perché è un esempio di equilibrata applicazione dei principi di garanzia in quel terreno minato che è ormai l’accertamento, in un giudizio penale, di una questione che presenta qualificanti aspetti tecnico – scientifici. Un terreno sul quale, comunque, toccherà tornare.

Una conclusione provvisoria da trarre da questa vicenda, comunque, c’è: a quanto pare, non è vero che le regole e le sanzioni della sicurezza alimentare siano sempre una trappola per chi deve rispettarle. Per gli OSA, per l’appunto.

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