Vini DOP\IGP: quando violare il disciplinare è reato
Di cosa parliamo quando parliamo di tutela penale del vino di qualità? E che ruolo ha il disciplinare di produzione in questa tutela avanzata? Alcune sentenze della Corte di Cassazione lo illustrano in modo esemplare. Proviamo a raccontarle per sommi capi. Comunicazione di servizio: il tema della tutela legale del vino di qualità, nelle sue varie articolazioni, sarà trattato diffusamente in un prossimo webinar per aziende vitivinicole e addetti ai lavori tra i cui organizzatori ci sarà Cibo Diritto. Restate sintonizzati!
Indice
Premessa: il concetto di vino di qualità
Vini DOP\ IGP: la normativa penale
Vini DOP\IGP e reato di contraffazione: la sentenza della Corte di Cassazione del 2016
Vini DOP\IGP: quando violare il disciplinare è reato – La sentenza del 2019
La difesa dell’azienda
La decisione della Cassazione
Vini DOP\IGP, disciplinare, reato: conclusioni
Continuiamo il discorso dal vivo: webinar formativo il 21 giugno prossimo
Premessa: il concetto di vino di qualità
Prima di entrare nel merito del nostro tema, è il caso di porre una premessa doverosa.
In questa sede, per vino di qualità intenderemo quello che rispetta due specifici requisiti: 1) è espressione di un rapporto stretto con l’ambiente di un determinato territorio geografico – e interpretiamo la categoria di ambiente, a sua volta, come il risultato dell’interazione tra fattori naturali e umani dell’area in questione; 2) viene prodotto rispettando un insieme di regole raccolto in un testo chiamato disciplinare di produzione.
Con ogni evidenza, quindi, in questo articolo parlando di vino di qualità ci riferiremo a quello a denominazione di origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP). Fermo restando che il concetto di qualità è molto più ampio e articolato.1
Vini DOP\ IGP: la normativa penale
Fatta questa precisazione, il punto di partenza di un discorso sulla tutela penale del vino DOP \ IGP – e, in particolare, del disciplinare di produzione di questa tipologia di vino – non può che essere il codice penale2.
Orbene, nel 2009 è stato introdotto nel codice penale un nuovo reato teso a garantire una specifica protezione proprio ai prodotti agroalimentari a indicazione geografica o a denominazione di origine.
Il delitto in questione punisce anzitutto “chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari”.3
Vini DOP\IGP e reato di contraffazione: la sentenza della Corte di Cassazione del 2016
La prima sentenza della Cassazione che si è occupata in maniera organica di questo illecito penale è del 20164.
La Suprema Corte ha affermato, nella sentenza in questione, principi interpretativi di grande importanza sul conto di questa figura di reato.
Il procedimento penale vedeva come imputato un produttore di vino che aveva indicato nelle etichette apposte su alcune bottiglie di vino, destinate al mercato danese, la presenza dei vitigni corvino, croatina e rondinella, poi risultati assenti.
La Cassazione, nel confermare sostanzialmente (tranne che per un profilo) la sentenza che era stata impugnata, ha sancito che: 1) questa norma penale non richiede che le indicazioni fallaci siano idonee ad ingannare il pubblico dei consumatori, essendo finalizzata a proteggere l’interesse dei produttori titolati ad utilizzare le predette indicazioni o denominazioni; 2) né esige che l’origine del prodotto sia tutelata, ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. n. 30 del 2005, attraverso la registrazione di un marchio collettivo, la cui contraffazione può pertanto integrare anche i reati di cui agli artt. 473 o 474 cod. pen.
Nel caso sottoposto al giudizio della Corte, tuttavia, non era possibile contestare il reato in questione dato che il vino su cui era stata apposta l’etichetta fallace non era qualificato come DOP o IGP, e il reato stesso tutela solo i vini a denominazione d’origine o indicazione geografica, non i vitigni a base di questi ultimi.
Non è, quindi, chiaro il senso dell’imputazione elevata dal Pubblico Ministero a questo produttore in forza del norma penale a tutela dei vini DOP \ IGP.
Questo non ha impedito, però, che all’imprenditore in questione venisse contestato, al posto del reato di cui all’art. 517 quater c.p., quello di tentativo di frode in commercio, previsto dall’art. 515, data la diversa composizione del vino detenuto per il commercio dall’imputato rispetto a quanto indicato nelle etichette5.
Fatto, questo, certamente idoneo a costituire un tentativo di frode in commercio.
E quest’ultima figura di reato – se ne ricava – è un’altra delle principali destinate a fornire tutela penale al vino di qualità e, in particolare, al disciplinare di produzione.
Vini DOP\IGP: quando violare il disciplinare è reato – La sentenza del 2019
Nel 2019, arriva la seconda sentenza6 in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, e in questo caso il disciplinare di produzione svolge un ruolo fondamentale nell’imputazione.
La vicenda riguardava il legale rappresentante di un’azienda pugliese, indagato per il reato in questione.7 In particolare, la Pubblica Accusa contestava all’imprenditore la provenienza non tracciabile documentalmente, in quanto avvenuta “in nero”, di mosto di uve da tavola nella filiera dei mosti di uve da vino destinata alla produzione di “aceto balsamico di Modena”, nonché il fatto che la società amministrata dall’indagato risultasse autorizzata all’esclusiva lavorazione delle uve da vino e/o degli altri prodotti vitivinicoli da queste derivanti.
La difesa dell’azienda
La società si difendeva asserendo che non produceva e non aveva mai prodotto Aceto balsamico di Modena IGP e, conseguentemente, il richiamo alla norma penale che stiamo esaminando sarebbe erroneo, non comprendendosi quale indicazione geografica o denominazione protetta sarebbe stata oggetto di contraffazione. Il prodotto sequestrato, a dire dell’indagato, non godrebbe infatti di alcuna indicazione geografica nè, tanto meno, di alcuna denominazione protetta.
La difesa dell’azienda si concludeva con l’affermazione per cui, anche qualora il prodotto fosse stato commercializzato, il mosto usato per la produzione dell’aceto balsamico di Modena IGP non avrebbe potuto, comunque, essere ritenuto un prodotto tutelato da alcuna indicazione di origine o denominazione protetta.
La decisione della Cassazione
La Cassazione rigettava l’argomentazione difensiva e il ricorso sulla base di questo principio di diritto.
Il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari è configurabile non solo nel caso di falsificazione del marchio IGP/DOP, ma anche quando non sia rispettato il relativo disciplinare di produzione con riferimento alle materie prime utilizzate, al luogo di produzione, al metodo di ottenimento e alle principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche e organolettiche del prodotto.
La Suprema Corte confermava, quindi, il provvedimento di sequestro di mosto di uve da tavola destinato alla produzione di aceto balsamico di Modena IGP, diverso da quello prodotto con specifici vitigni secondo le previsioni del disciplinare di produzione. Il relativo disciplinare, infatti, prevede che, per la produzione dell’aceto balsamico stesso, debbono essere impiegate solo determinate varietà di uva, precisamente Lambruschi, Sangiovese, Trebbiani, Albana, Ancellotta, Fortana, Montuni, le quali appartengono notoriamente alla categoria di uva da vino.
Perciò non sono utilizzabili uve riconducibili alla diversa categoria di uva da tavola, rinvenute, invece, nell’azienda dell’indagato.
Vini DOP\IGP, disciplinare, reato: conclusioni
Secondo il Trattato sull’Unione Europea, quest’ultima “vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.”8
Nel primo “considerando” (la parte iniziale di un testo normativo dell’Unione Europea che spiega il senso e le finalità della normativa stessa) del Regolamento europeo sulla tutela dei prodotti alimentari di qualità, si legge che “la qualità e la varietà della produzione agricola, ittica e dell’acquacoltura dell’Unione rappresentano un punto di forza e un vantaggio competitivo importante per i produttori dell’Unione e sono parte integrante del suo patrimonio culturale e gastronomico vivo.”9
Se ne ricava, che l’Unione Europea – e, quindi, gli Stati membri in tutte le loro articolazioni – ha l’obbligo “costituzionale” di vigilare sulla salvaguardia e sullo sviluppo dei prodotti alimentari DOP \ IGP.
In questo contesto, ai prodotti alimentari di qualità non si può non garantire la tutela legale più efficace; che, in quanto tale, deve comprendere anche una adeguata tutela penale.
Come abbiamo visto, le Autorità Giuridiziarie italiane prendono assai sul serio quell’obbligo di vigilanza, Corte di Cassazione in testa.
E, nei delitti esaminati le conseguenze sanzionatorie sono serie anche e soprattutto perché non riguardano solo le persone fisiche che hanno commesso i reati, ma pure la stessa azienda che viene chiamata a rispondere con il suo patrimonio delle sanzioni pecuniarie e\o interdittive previste dalla legge sulla cosiddetta responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche.
A meno che la stessa impresa non abbia adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione gestione e controllo finalizzato proprio a minimizzare il rischio di commissione di determinati reati al suo interno.
Insomma, tutte ottime ragioni perché chi di dovere tenga questi reati nella considerazione che meritano.
Continuiamo il discorso dal vivo: webinar formativo il 21 giugno prossimo
Se questo articolo ti è risultato interessante, ti invito a continuare il discorso sulla tutela legale del vino di qualità, nelle sue varie articolazioni, nel prossimo webinar per aziende vitivinicole e addetti ai lavori in agenda per il 21 giugno prossimo.
Tra gli organizzatori ci sarà Cibo Diritto.
Restate sintonizzati!
E, in ogni caso, per consulenze e assistenza legale in materia di vino di qualità e di responsabilità da reato delle aziende vitivinicole, ti invito a contattarci: info@cibodiritto.com
7\6\2022
Avv. Stefano Palmisano
1In Italia, il consumo di vino a denominazione \ indicazione è esploso dopo lo scandalo del vino al metanolo, nel 1986, che segnò probabilmente il punto più basso della storia del vino in questo paese. Sul punto, vd: https://www.lifegate.it/30-anni-dal-vino-al-metanolo-la-dura-lezione-delle-morti-per-il-vino
2Per una complessiva ricognizione della normativa di tutela legale del vino su questo blog, vd. https://cibodiritto.com/la-tutela-legale-del-vino-tra-codice-penale-legislazione-speciale-e-testo-unico/
3Art. 517 quater Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari
Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni denominazioni contraffatte.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari .
4Cass. pen., Sez. III, Sent., (data ud. 23/03/2016) 08/07/2016, n. 28354
5Frode nell’esercizio del commercio – Art. 515 c.p.
Chiunque, nell´esercizio di un´attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna allo acquirente una cosa mobile per un´altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a euro 103.
6Cass. pen., Sez. III, Sentenza, 10/10/2019, n. 49889
7Nel procedimento, peraltro, risultava indagata anche la società, sulla base della normativa in materia di responsabilità da reato delle aziende, precisamente in relazione all’illecito di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, art. 25-bis.
8Art. 3, Trattato UE
9Considerando n. 1 del REGOLAMENTO (UE) N. 1151/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari
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